Uno dei tanti giochi con meccaniche di gioco, tema e narrazione che hanno il proprio fulcro nel time loop; il protagonista rivive le stesse 48 ore, come in una maledizione, e com'è naturale che accada in queste storie deve trovare un modo per spezzare questa condizione

Inizio subito col togliermi qualche sassolino: un paio di volte ho riscontrato problemi di trigger, alcune frasi dette non avevano senso in virtù del fatto che lo avrebbero avuto solo in un loop precedente; ci sono state un paio di volte in cui capire cosa fare per proseguire è stato davvero difficile (e data la relativa lentezza del gioco è un qualcosa che pesa), ma ammetto che potrebbe essere stato per una mia distrazione; la situazione risolutiva che si svolge immediatamente prima la conclusione poteva, secondo me, essere gestita un po' meglio; avrebbero, secondo me, dovuto sostituire la buccia di banana con qualcos'altro di più convincente dopo la terza-quarta volta (per certi motivi che non voglio spoilerare, penso che il suo utilizzo, una volta arrivato a un certo punto in particolare, sia un po' incoerente)

Tolte queste cose, il gioco è una meraviglia

Non voglio stare troppo a lungo a parlare del gameloop, che secondo me nella sua semplicità ha comunque un buon valore.
GDR a turni (active-time), il proprio party è costituito da classi tradizionali come lo sono l'assassino, il chierico, il guerriero. Si cumula esperienza, si raccolgono nuove parti per l'equipaggiamento e via discorrendo. Tutto viene realizzato in maniera tale che abbia una propria coerenza contesto del loop temporale: certe cose sono in possesso del protagonista costantemente nel corso della partita, altre devono essere ritrovate di volta in volta; a livellare è soltanto il protagonista e non il resto del party dato che è l'unico a essere consapevole del loop.
Man mano vengono fatte certe concessioni col procedere della storia, di fatto proprio per migliorare la Quality of Life e non bruciare troppo il giocatore nel richiedergli di tornare indietro in continuazione

Due sono i punti di forza maggiori del gioco: il fatto che il gameplay si sposi perfettamente con la storia e con la narrazione (e infatti il worldbuilding, anch'esso relativo a quanto ho appena affermato, è davvero ben realizzato) e la scrittura dei personaggi. I testi non scorrono veloci, si prendono i propri tempi, hanno di volta in volta un certo ritmo a seconda della situazione e dello stato d'animo di ciascun personaggio, e vanno a livelli di profondità e quasi realismo tali che permettono a quegli stessi personaggi di sembrare quasi vivi talmente sono ben scritti. Certe cose che pronunciano durante l'atto 3 sono rafforzate da ciò che conosciamo di loro sin dall'atto 1, e certe cose di cui veniamo a conoscenza durante un loop temporale rendono i personaggi più complessi, concreti e tridimensionali in vista di cose che tecnicamente abbiamo scoperto e fatto in un momento nel futuro. Alcune volte si cadrebbe forse in una sdolcinatezza eccessiva per i miei gusti, ma i loro caratteri, le loro personalità e le loro azioni si intrecciano così bene tra di loro e con quelle del protagonista che anche quegli ipotetici momenti non li ho mai avvertiti con fastidio, anzi: più volte mi sono commosso, più volte sono rimasto disgustato da una certa cattiveria, più volte ho provato un senso di affezione. Queste sensazioni sono rinforzate dalla loro costante presenza: nella partita è possibile ispezionare quasi ogni oggetto in ciascuna stanza, e a ciascuna ispezione corrisponde un commento da parte di almeno uno di loro; la maggior parte delle volte, in realtà, intervengono quasi tutti, dando vita a delle piccole scenette e interazioni che danno sempre più informazioni su tutti loro

I personaggi secondari sono carini, e le loro subquest sono un buon passatempo nonostante si tratti di normalissime fetch quest (per fortuna son poche)
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Da qui, Spoiler

In Stars and Time è un gioco sull'amicizia, sul superare grandi ostacoli insieme, sul salvare un continente intero e diventare degli eroi

In Stars and Time è un gioco sul dolore, sulla solitudine, sulle paranoie, sulla paura di essere abbandonati e di non essere amati

In Stars and Time è un gioco sul trauma

Non in qualche senso colloquiale: il gioco si appropria di questo concetto e prova a dargli una veste e interpretazione anche metaforiche
Il protagonista, Siffrin, si scoprirà provenire da un luogo di cui nessuno ha memoria. Questo il gioco lo trasmette molto bene: per tutta la durata della prima metà c'è sempre del non detto riguardo le sue origini, facendole passare semplicemente come misteriose. In realtà, come detto, Siffrin non ha alcun ricordo del proprio paese d'origine, come neanche ce l'hanno i suoi compagni o gli abitanti del continente dove si sviluppa tutta la partita. Si sa solo che, un tempo, si trovava a Nord e che, d'un tratto, scomparve. Nulla più. Il modo in cui certe cose vengono raccontate vuol far intendere che è stato come cancellato dall'esistenza stessa, non semplicemente dai ricordi
Se ne ha traccia solo per testimonianza orale. I libri che ne riportano in modo chiaro l'esistenza sono apparentemente illeggibili: scritti nella lingua di Siffrin, che non è più neanche in grado di ricordare il proprio alfabeto

La perdita della propria storia, dei propri ricordi più intimi, della propria famiglia, del proprio paese natale. Questo evento così tragico per buona parte del gioco non fa quasi sentire la propria presenza, se non attraverso qualche suggerimento in qualche dialogo. E, col senno di poi, con alcuni comportamenti del protagonista, interpretabili su un piano sintomatologico

Eppure, nella seconda metà di gioco si scopre che è praticamente questo il motivo per cui Il Re (primo antagonista della storia e connazionale del protagonista) ha deciso di congelare nel tempo il continente su cui ci troviamo: anch'egli ha vissuto il trauma, anche lui è sopravvissuto a quell'evento tragico di cui nessuno (neanche lui) ha memoria, e non può tollerare che altri uomini, altre donne, altri bambini subiscano lo stesso destino della sua gente. Se per evitare che scompaiano è necessario che quel popolo diventi invisibile e immutabile, così sia. Questa reazione, nel contesto del gioco, è anch'essa figlia del trauma. Così come lo sono il comportamento molto schivo e paranoide di Siffrin, il suo desiderio - che sublimerà a sua volta in un'ossessione distruttiva - di rimanere un po' più a lungo con i suoi compagni di avventura, per non trovarsi di nuovo solo. Essere da soli e non sapere nulla su di sé cosa vuol dire, del resto? Le paranoie del protagonista gli suggeriscono che è un po' come essere meno di una bestia. Di chi si trova al cospetto, in quei casi, se non ha un sé stesso di cui tener conto?

Se il Re decide di rispondere a una tragedia con un'altra tragedia, Siffrin si trova in un costante inseguire quello che vorrebbe e quello che vuole, tra desiderio e volizione. Il primo è subdolo, inquinante; la decisione vacilla e alla fine Siffrin si trova a tu per tu con tu con quell'ombra che potrebbe portarlo a pugnalarsi in petto da solo

Alla fine lui stesso diventa come un'immagine del Re, soccombendo al proprio desiderio; solo momentaneamente però, perché è impensabile prendersi cura del dolore, del male che strazia la carne, senza farlo mai emergere e senza mai parlarne. Infine, nel momento risolutivo, attraverso la volontà e il supporto altrui, riesce a ridimensionare e a contenere quell'ossessione che fino a quel momento lo aveva divorato nella mente e nel sangue

Alla fine del racconto, non c'è nulla che si sappia della sorte del paese di Siffrin. Non c'è nulla che si sappia della scomparsa dei colori, si intravede solo un rosso acceso ogni tanto e solo durante i momenti più strazianti. Ed è un bene per la storia che sia così, per non perdere la propria forza per quanto intrisa di dolore; ma la storia, di fatto, vuole essere dolorosa anche per il giocatore. Vuole, sin quasi dall'inizio, che si avverta che c'è qualcosa che non va, qualcosa di più grande. Quel qualcosa, semplicemente, non può essere risolto, e non può essere compreso

Il Re, purtroppo, non riesce a controllare la propria ossessione e rimane congelato col ricordo lontano ma finalmente chiaro di ciò che un tempo erano state le sue terre, i fiumi, il mare.

Siffrin, come già detto, ottiene una risoluzione decisamente positiva ma quel dolore, quel vuoto, come si intravede dalle battute finali saranno sempre presenti nella sua vita. Arrivato a quel punto, però, sarà anche in grado di raccontare quelle poche impressioni che sono riemerse tra le sue memorie e di tramandare ciò che per lui è estremamente intimo

Queste considerazioni le ho pesantemente tratte da questo articolo, con cui mi trovo d'accordo: https://cohost.org/alicelai/post/3700640-what-s-forgotten-in

Reviewed on Dec 19, 2023


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