Interessante punto di vista sul tema del viaggio all'inferno (Orfeo e Euridice, Izanami e Izanagi) in chiave nordica il cui focus è la psiche della protagonista Senua.
Senua è una giovane donna guerriera affetta da disturbi mentali che la portano ad avere visioni e a sentire voci. A causa di ciò viene additata come maledetta dal suo stesso padre e dal suo clan ed in seguito alla morte dell'amato DIllion si darà la colpa e tenterà in tutti i modi di riportarlo in vita.

La cura per lo storytelling e per la rappresentazione del disturbo di Senua è incredibile. Le voci sono registrate benissimo e riescono ad avere un peso non da poco all'interno del gameplay visto che possono aiutare (o confondere) il giocatore durante il proprio viaggio.

Trovata interessante è il sistema di permadeath che bloccherà il gioco dopo un determinato quantitativo di fallimenti all'interno del gioco. Dando un peso estremamente maggiore ad ogni azione che intraprenderemo. In realtà ho scoperto in seguito che è solo una bugia degli sviluppatori, ma l'effetto sperato viene raggiunto lo stesso

A livello grafico è sensazionale su console di ultima generazione capaci di spingere il ray tracing in full HD.

I tasti dolenti sono il combattimento, piagato da una varietà di nemici e combo piuttosto scarna, che può essere definito al massimo 'funzionale' e la durata piuttosto esigua (tra le 5 e le 7 ore di gioco). Nonostante ciò è comunque il più alto esempio di quelli che si chiamano movie-games, di solito in senso dispregiativo.
La cura per lo storytelling e la compattezza dell'avventura lo rende assimilabile ad una miniserie televisiva, ma al contrario di molti giochi di questo genere ha comunque un valore in quanto videogioco.
Le sezioni d'esplorazione e puzzles valgono la pena di essere giocate e per quanto non siano niente di trascendentale hanno un loro senso. E anche le POCHE bossfights aiutano a dare il senso di videogioco che spesso si perde in opere simili.

Hellblade è quindi un'opera ludica da giocare e non solo guardare su un video youtube, per quanto la trama e la recitazione impeccabili permetterebbero di trasporlo benissimo in quel contesto.

Interessante metroidvania horror in cui controlleremo un mostro pseudo-lovecraftiano il cui scopo è evadere dal bunker sotterraneo in cui è rinchiuso. Massacrando quante più persone è possibile.

Il level design è discreto con una buona alternanza di puzzle e (pessime) sezioni di combattimento. Può essere completato in poche ore e direi che sia, a seconda del prezzo d'acquisto, un lato positivo niente male.
Non viene mai a noia riuscendo ad introdurre, livello dopo livello, nuove meccaniche sotto forma di potenziamenti, nemici o interazioni con l'ambiente.

L'assenza di una mappa e di un viaggio rapido per quanto siano apprezzabili da un punto di vista di worldbuilding rendono però l'esperienza del backtracking (necessario in alcuni punti per proseguire) più frustrante di quanto avrebbe dovuto.

Accattivante per gli amanti dei metroidvania vecchio stile, complice anche la grafica in pixel art, che cercano un breve gioco con qualche differenza rispetto ai canoni solito. Per tutti gli altri Carrion probabilmente resterà un gioco divertente ma dimenticabile da finire in un pomeriggio o due al massimo (DLC gratuito incluso) prima di passare a qualcosa di più sostanzioso.

Perché far uscire un gioco come Fallout 76? Quale visione aveva Todd Howard di questo titolo? Non riesco a rispondere a queste domande se non cinicamente pensando ai soldi che avranno fatto tramite il mercato interno al gioco.

Fallout 76 è un pessimo gioco, c'è poco da girarci intorno.
Possiamo tralasciare i problemi che il gioco rappresenta a livello di lore tramite i retcon (già presenti negli altri titoli Bethesda ad essere onesti) e il riutilizzo di assets come super mutanti o CdA.
Ma non possiamo passare sopra i tanti, troppi, problemi tecnici.
Come prima cosa il gioco è una fucina di bug di vario genere. Alcuni semplicemente fastidiosi mentre altri rendono impossibile giocare senza uscire e rientrare in gioco.
Poi il combattimento a causa del lag e dello spav in tempo reale ha un pessimo feeling peggiorato dal fatto che i nemici tendono a teletrasportarsi goffamente.

Tutto ciò per permettere a Fallout 76 di essere un gioco multiplayer che però non sembra un gioco multiplayer. Ogni server può ospitare giusto una manciata di giocatori che, verosimilmente, non incontrerete mai o quasi durante le vostre avventure. E anche se fosse possibile l'interazione è limitatissima.
Molta gente non usa il microfono, non c'è una chat interna e al più potrete scambiare qualche oggetto.
Pure il PVP è monco perché bisogna selezionarlo da un menù o accettare la sfida di chi ci spara.
Che senso ha? La mappa è enorme, non si sarebbe corso lo stesso il rischio di griefing.
La maggior presenza degli altri giocatori la si subirà attraverso la visione di mega strutture da loro create che cozzano totalmente con l'estetica e il mood di quello che un tempo era il brand di fallout.

Fallout 76 snatura questa saga aggiungendo un online mal pensato che non migliora, nella stragrande maggioranza dei casi, l'esperienza di gioco. E allora torniamo alla domanda principale: Perché?

In A Way Out interpreteremo Vincent o Leo in un interessante ritorno al multi-giocatore in schermo condiviso che da anni è una rarità.
La trama ruota attorno all'evasione dei due protagonisti dal proprio carcere con l'intento di vendicarsi di Harvey l'uomo che, in un modo o nell'altro, li ha fatti finire dentro. L'intreccio narrativo non spicca certo per originalità e fa anzi dei suoi richiami al cinema di genere il suo punto forte.

La peculiarità del titolo è il suo basarsi interamente sulla cooperazione tra due giocatori in schermo condiviso. Anche giocandolo online infatti le inquadrature di gioco saranno le stesse.
È un peccato che cooperazione e scelte siano in uno stato embrionale e l'idea poteva sicuramente essere sviscerata meglio.

Ad esempio in alcune parti della trama sarà richiesto di fare delle scelte su come agire. Con il metodo Vincent o quello di Leo.
I due giocatori non potranno essere in disaccordo, e in tal caso il gioco semplicemente entrerà in pausa finché uno non si arrenderà.
Un mini-gioco deputato a prendere la decisione o anche semplicemente una selezione casuale sulle due ipotesi sarebbe stato sicuramente meglio.

Inoltre le sezioni cooperative raramente lo sono per davvero. Lasciando i due giocatori a fare quello che ritengono giusto per poi incrociarsi solo sporadicamente in momenti di REALE coop.

Lo svolgersi della trama ha però un'ottimo andamento con sezioni di stealth che ben si alternano a puzzle e momenti più action non andando mai ad annoiare i giocatori in questa (breve) avventura.

Consigliato per chi ha qualcuno con cui giocare di persona, e non attraverso la modalità online dove perde quel feeling dello schermo condiviso su cui tutta l'esperienza si regge.