Murder Mistery medievale in cui l'importante non è raggiungere una soluzione, ma il percorso che ti porta a prendere la tua scelta.
I rapporti umani si coltivano, si modificano e impattano il mondo di gioco in maniere spesso non prevedibili.
Il tutto mentre la presentazione impeccabile di Pentiment rende piacevolissimo semplicemente andare in giro a chiacchierare o osservare i dipinti in stile cinquecentesco.

Consigliatissimo. Hidden Gem del 2022.

2018

Zagreus, figlio di Ade, decide di fuggire dal regno dei morti per ricongiungersi con i propri zii dell'olimpo. Il suo piano verrà però osteggiato dal padre che non vuole assolutamente farlo uscire dall'oltretomba.
Per riuscirci il nostro eroe dovrà quindi imbarcarsi in un viaggio fatto di tentativi continui di ribellione, combattendo le anime dei defunti e qualsiasi mostruosità il dio dell'oltretomba decida di scagliargli contro.

Gameplay e Storia si sposano benissimo in questo titolo roguelite-hack and slash.
La morte è contestualizzata e porta ad avanzare nella trama sbloccando dialoghi con i molteplici personaggi che popolano l'hub prima di ogni run. Achille, la dea Nyx, furie, gorgoni e così via rincuoreranno o sbeffeggeranno il protagonista ad ogni tentativo fallito. Dandogli piccole informazioni sul mondo di gioco, o semplicemente tenendogli compagnia prima di ributtarsi nei combattimenti.

Incredibile come negli oltre 25 tentativi che mi ci sono voluti per vedere il finale per la prima volta non si ripeta mezza linea di dialogo, indice della cura che gli sviluppatori hanno riversato nel comparto narrativo.
Il tutto, è bene specificarlo, senza andare a discapito del gameplay frenetico e variegato.
Come in ogni roguelite che si rispetti ogni run sarà differente dalla precedente grazie ad un discreto array di armi, potenziamenti casuali o reliquie da utilizzare.

E anche se la maggior parte delle volte tutti questi strumenti a nostra disposizione non riusciranno a farci evadere, potremo sentire la voglia di ritentare un'altra volta. Per Zagreus.

In Outer Wilds vestiremo i panni di un austronauta senza nome a cui è affidato il compito dell'esplorazione del proprio sistema solare.
Presto però bisognerà scoprire i segreti che una precedente civiltà aliena ha disseminato nei vari pianeti.

Cercherò, in questa recensione, di non dare troppe informazioni perché Outer Wilds è un gioco che più di ogni altro va vissuto senza sapere a cosa si andrà in contro.
E giocato in questa maniere diventa uno dei migliori giochi d'avventura ed esplorazione che io abbia mai visto.

Basta sapere che il sistema solare esplorabile è pieno zeppo di segreti, misteri, eventi sconvolgenti e "magici" da osservare e di cui far parte. Inoltre gameplay e trama sono legati benissimo tra loro cosa che, purtroppo, spesso non succede.
Qui la struttura narrativa rinforza il gameplay loop principale e a sua volta il modo in cui giocherete cambierà sensibilmente anche come parteciperete alla storia.

È un gioco divertente, affascinante, con una colonna sonora assolutamente perfetta e con uno storytelling unico e ben ragionato. Inoltre, nonostante non ci siano opzioni di difficoltà o accessibilità (è pur sempre uno studio Indipendente) è estremamente semplice proseguire per quanto riguarda le "meccaniche" di gioco. Discorso differente è invece il capire COSA bisogna fare.
Se doveste trovarvi bloccati vi suggerisco di non cercare in rete però a meno che non subiate dei bug che, purtroppo, esistono.

Buon viaggio.

Dopo 93 ore e aver completato la storia principale e, credo, la quasi totalità dei boss inclusi quelli opzionali, penso di poter dare un'opinione sull'ultimo titolo FROM: è un capolavoro.

Elden Ring riprende tutto ciò che FROM ha prodotto negli ultimi 13 anni e lo eleva alla seconda.
C'è un ammontare di contenuto incredibile, il che purtroppo porta però come conseguenza il riciclo di diversi contenuti: in particolare nei boss dei mini dungeon.
Va tenuto però in mente che si parla di decine se non un centinaio di bossfights, quindi è purtroppo fisiologica la ripetizione.

Nonostante ciò l'open world rimane sempre interessante da esplorare. Dietro ogni angolo troverete un NPC, un dungeon con ricompense uniche, un segreto o un arma.

Parlando dell'open world va detto che la costruzione della mappa di gioco è la migliore che from abbia mai realizzato. Quantomeno da un punto di vista delle opzioni date al giocatore per la progressione. Ogni area del gioco, o quasi, è affrontabile in qualsiasi ordine si preferisca permettendo quindi di non avere mai due run identiche.

Anche il sistema di combattimento, nonostante riprenda pesantemente lo stile di Dark Souls III, è abbastanza fresco e variegato. Le aggiunte più importanti riguardano il combattimento a cavallo, un nuovo tipo d'attacco in parata, un tasto dedicato al salto e uno all'abbassarsi i quali portano entrambi nuove mosse. Inoltre per la personalizzazione della costruzione del personaggio abbiamo il sistema di ceneri di guerra cambiabili ad ogni "Sito di grazia" (I nuovi falò) e la possibilità di evocare nemici più o meno comuni come aiutanti. Tutto ciò rende Elden Ring un'esperienza abbastanza diversa negli incontri dagli altri titoli from, nonostante ne condivida l'ossatura storica.

I problemi che, al momento (Riconsidererò il voto dopo una seconda/terza run), impediscono a Elden Ring di raggiungere il 5/5 sono:
Una ottimizzazione ballerina, che in determinate aree e combattimenti porta i frame a crollare vertiginosamente. Per fortuna su Xbox Serie S questo fenomeno è molto più raro che su PC e PS pare.
Il già citato riciclo di contenuto che leva la magia della scoperta a parte del gioco. Però ho come l'idea che il gioco non sia pensato per essere completato al 100% ad ogni run e il saltare i dungeon opzionali più ripetitivi può alleviare il problema.
Inoltre per certi versi Elden Ring riprende troppe idee da Dark Souls e pare più ancorato a quell'universo che ad uno completamente originale come Sekiro e Bloodborne.

È importante sottolineare come la mia prima run su Elden Ring sia stata completata senza evocare giocatori esterni e utilizzando al minimo magie e spiriti cenerei, ossia come ho giocato ogni gioco from nella prima partita.
Magari usando gli spiriti più frequentemente avrei avuto un'esperienza più rapida e differente in alcuni frangenti.

Al netto di questi problemi Elden Ring è un gioco assolutamente da provare per gli amanti del genere. Non brilla per originalità, forse, ma migliora e rifinisce sotto molti aspetti le idee presentate nei precedenti titoli della saga aggiungendo quel tanto che basta per non farlo sembrare una copia spiccicata.

Invecchiato malissimo.

Il gioco è scadente sotto quasi tutti i punti di vista:
Il gameplay consiste in ripetere ad nauseam le 4 combo presenti nel gioco e spammare le armi da fuoco per provare a tenere alto lo style meter che si resetta dopo 1.5 secondi.

Ci sono solo 4 boss (escluso quello finale) ripetuti ognuno 3 volte all'interno del gioco. Anche di più se si conta che l'ultimo dei 4 bossecontiene i 3 precedenti.
Inoltre la telecamera fissa rende il combattere in alcuni punti davvero una rottura. Non è un caso che la gente salti la maggior parte dei combattimenti nella seconda run. Il che fa scendere la durata dalle 5 ore che ci ho messo a 2 circa.

Infine la scrittura è davvero pessima. Il rapporto tra dante e trish non viene minimamente esplorato ma per qualche motivo sul finale di one liners sono besties, non ha senso.
E non è che mi aspettassi planescape torment, ma il livello di DMC è One liner - one liner - urla - one liner.

Boh, si salva l'art design e comunque il fatto che sia un gioco di 22 anni fa, però al giorno d'oggi non ha senso rigiocarlo.
I miei ricordi erano migliori

Immortality è l'ultimo gioco film di Sam Barlowe in cui il giocatore cercherà di mettere insieme i pezzi, tramite varie clip cinematografiche, della storia di Marissa Marcel.

Il gameplay è abbastanza semplice:
Si parte vedendo una clip e in ogni momento si può attivare un effetto moviola o mettere in pausa e selezionare un oggetto/personaggio per saltare ad un'altra clip in cui è presente lo stesso oggetto/personaggio o uno dello stesso tipo.

Ad esempio da una scultura non è detto si salti ad un'altra scena in cui è presente la STESSA scultura, ma ad una scena in cui è presente UNA scultura.

Questo permette sia alcuni colpi di scena particolarmente riusciti (tramite associazioni semiotiche impreviste) sia un fastidio per la perdita di agenzia da parte del giocatore.
Perché il problema è che nel momento in cui seleziono un quadro particolare non voglio un generico quadro X in un altro film ad anni di distanza. Voglio QUEL quadro in QUEL film.

Ciononstante è comunque un'ottima esperienza in cui le varie scoperte derivano per la maggior parte dalla capacità dei giocatori di porsi le giuste domande e guardare nel giusto mondo. Anche nella sua semplicità il gameplay riserva qualche chicca interessantissima, che non spoilererò perché rappresenta uno dei momenti di scoperta più avvincenti.

Ultima pecca è il finale che, data la natura frammentata dell'opera, può arrivare molto prima di essere stati in grado di mettere insieme tutti i pezzi del puzzle rovinando un po' il climax.

Il mio primo diablo.
Ottimo gioco, la campagna è abbastanza interessante dal punto di vista della trama. Niente di sensazionale, ma funzionale e con una discreta varietà di missioni.

L'open world, per lo più regge botta. Le regioni sono molto diversa tra loro per estetica e tipologie di nemici presenti. Anche se poi molti nemici sono troppo simili tra loro a livello di meccaniche. C'è qualche rara eccezione, ma avrei preferito qualcosa in più.

Il gameplay (almeno per quel che riguarda il Negromante) è divertente e, nelle difficoltà più alte, abbastanza frenetico. Richiede la giusta dose di skill e di cd management.

La parte migliore è la creazione di una propria build che rispecchi il proprio playstyle.

Il gioco ha tonnellate di contenuto e ciò si suppone continuerà solo ad aumentare con l'aggiunta delle stagioni.

Nel complesso un ottimo acquisto. La playerbase di fanatici che raggiunge il 100 nella prima settimana si lamenta, ma ci hanno giocato per oltre 100 ore minimo. Per una persona normale vale tutti isoldi del biglietto.

2021

Buon puzzle game da giocare in schermo condiviso.
Il setting è carino, divertente e pieno di charme portato principalmente dai due amabili kiwi del gioco.
Il gameplay riesce costantemente ad evolversi ad ogni livello, aggiungendo nuove sfide, meccaniche ed idee sull'ossatura delle quattro tipologie di livello presenti nel gioco. I minigiochi, per quanto facili, sono un'aggiunta niente male.

Il lato dolente è la durata estremamente ridotta, specie se confrontata col prezzo decisamente elevato.
25 euro per 6/8 ore di contenuto. A meno che non si punti a prendere l'oro in ogni livello, cosa assai difficile e che può allungare sensibilmente il brodo.

Lo consiglierei in sconto, non a prezzo pieno.

Ci sono tanti aspetti positivi e tanti aspetti negativi.
Wo long ha una trama confusionaria e mal raccontata che copre uno span di oltre 20 anni, basata sulle cronache dei tre regni cinesi in un mondo fantastico in cui i demoni sono reali.
Sostanzialmente Nioh in Cina.

Le ambientazioni e i livelli però sono stupendi.
Ogni livello ha qualche tema di fondo attorno al quale ruota il gameplay.
In una zona dovremo stare attenti alle trappole, in un'altra al veleno o al fango. In un'altra ancora bisognerà spostare delle barche per avanzare e così via.
Ogni livello ha un feel sia estetico che di design abbastanza unico e questo rende l'esperienza di gioco molto più godibile.

I lati negativi sono una semplicità eccessiva delle bossfights che, hanno spesso idee interessanti, ma non sono ben bilanciate e finiscono ancora prima di poter mostrare il meglio. E, sopratutto, il confusionario sistema di loot con armi e armature tutte uguali ma che hanno x bonus marginalmente differenti.

Consiglio ai fan del genere.

La scelta di impersonare più ragazzi diversi intenti ad attraversare il confino contrasta un po' con la voglia del gioco di raccontare le storie dei personaggi secondari i quali, purtroppo, tenderanno a non riconoscerci e che non potremo aiutare.
Il che non ha senso visto che i power up vengono mantenuti da un personaggio all'altro. C'è quindi un filo di dissonanza ludonarrativa che, in un gioco che si basa al 90% sulla storia che tenta di raccontare, è un vero peccato.

Ciò nonostante è un bel titolo, e i singoli viaggi sono abbastanza corti da non risultare pesanti e far venir voglia di farne altri.
Tocca temi interessanti e lo fa abbastanza bene, anche se sul finale elimina un po' troppi chiaro-scuri per delineare bene un cattivo e dei buoni.

2016

il reboot di Doom riporta questa saga storica al centro dei riflettori, con una veste grafica eccezionale e qualche miglioria nel gameplay.

Ciò che, purtroppo, non riprende dai primi due capitoli è lo spirito di pura voglia di massacro. O meglio ci prova per poi ibridare il tutto con cutscenes, dialoghi e combattimenti obbligatori ad ondate.

La trama tende a disturbare, ogni tanto, un po' troppo le sequenze di gameplay. Inoltre a difficoltà "ultra-violenza" alcuni nemici hanno troppi HP rendendo i combattimenti non difficili quanto lenti.

Però per quel che riguarda estetica, colonna sonora e segreti da trovare nei vari livelli è sicuramente un'ottimo titolo che vale la pena giocare per ogni appassionato di FPS.

Interessante punto di vista sul tema del viaggio all'inferno (Orfeo e Euridice, Izanami e Izanagi) in chiave nordica il cui focus è la psiche della protagonista Senua.
Senua è una giovane donna guerriera affetta da disturbi mentali che la portano ad avere visioni e a sentire voci. A causa di ciò viene additata come maledetta dal suo stesso padre e dal suo clan ed in seguito alla morte dell'amato DIllion si darà la colpa e tenterà in tutti i modi di riportarlo in vita.

La cura per lo storytelling e per la rappresentazione del disturbo di Senua è incredibile. Le voci sono registrate benissimo e riescono ad avere un peso non da poco all'interno del gameplay visto che possono aiutare (o confondere) il giocatore durante il proprio viaggio.

Trovata interessante è il sistema di permadeath che bloccherà il gioco dopo un determinato quantitativo di fallimenti all'interno del gioco. Dando un peso estremamente maggiore ad ogni azione che intraprenderemo. In realtà ho scoperto in seguito che è solo una bugia degli sviluppatori, ma l'effetto sperato viene raggiunto lo stesso

A livello grafico è sensazionale su console di ultima generazione capaci di spingere il ray tracing in full HD.

I tasti dolenti sono il combattimento, piagato da una varietà di nemici e combo piuttosto scarna, che può essere definito al massimo 'funzionale' e la durata piuttosto esigua (tra le 5 e le 7 ore di gioco). Nonostante ciò è comunque il più alto esempio di quelli che si chiamano movie-games, di solito in senso dispregiativo.
La cura per lo storytelling e la compattezza dell'avventura lo rende assimilabile ad una miniserie televisiva, ma al contrario di molti giochi di questo genere ha comunque un valore in quanto videogioco.
Le sezioni d'esplorazione e puzzles valgono la pena di essere giocate e per quanto non siano niente di trascendentale hanno un loro senso. E anche le POCHE bossfights aiutano a dare il senso di videogioco che spesso si perde in opere simili.

Hellblade è quindi un'opera ludica da giocare e non solo guardare su un video youtube, per quanto la trama e la recitazione impeccabili permetterebbero di trasporlo benissimo in quel contesto.

È sempre un peccato vedere come una buona idea non venga eseguita abbastanza bene, e purtroppo questo è il caso di Twelve Minutes.
Il gioco, che può vantare la partecipazione di James McCavoy, Dafoe e Daisy Ridley come doppiatori, è un punta e clicca poco più che mediocre in cui la peculiarità dei loop genera più frustrazione che divertimento.

La trama ruota intorno a tre personaggi: Una coppia sposata (di cui il marito è il nostro protagonista) ed un poliziotto che vuole risolvere un omicidio di anni addietro. Però ogni volta la giornata ricomincerà dagli ultimi 10 minuti, costringendoci ad indagare a fondo per spezzare il loop.

La premessa, presa da film come Groundhog Days o il più recente Palm Springs, è interessante per quanto ormai inflazionata e l'utilizzo dei loop aveva già funzionato magistralmente in un altro gioco targato Annapurna: Outer Wilds.

Qui però c'è una totale mancanza di progettualità su come i loop dovrebbero svolgersi. Ad esempio: arrivati ad un certo punto il giocatore realizzerà di aver bisogno di un oggetto per far proseguire la trama. Se però andrà a rimuoverlo dalla sua posizione originaria il loop terminerà (come spesso succede) colla sua morte prematura costringendo a ripetere tutto il setup di azioni noiose e lunghe per arrivare a vedere 10 secondi di nuovo dialogo. Quanto meno andrebbe migliorato con una funzionalità di skip dei dialoghi implementata meglio di quella attuale.
Questo è il problema principale di Twelve Minutes: non è divertente rifare 20 volte la stessa cosa per scoprire un'informazione aggiuntiva. Inoltre c'è pochissimo spazio di manovra ed è estremamente lineare il modo in cui potrete sfruttare i loop temporali a vostro vantaggio.

La trama è, per quanto prevedibile sul finale, comunque alquanto interessante e i dialoghi grazie a tre grandi attori hanno un certo fascino. Non si può dire lo stesso di grafica e animazioni che invece sono a livello a malapena sufficiente.

Un vero peccato che un gioco simile: con una premessa interessante, un ottimo cast e in un genere ormai "di nicchia" si sia ridotto ad essere una sofferenza che dura 5 ore, di cui 3 in cui farete le stesse cose.

Code Vein è un esperimento interessante, ma purtroppo non molto ben riuscito, nell'unire Dark Souls con l'immaginario anime giapponese.

Nel gioco interpreteremo il nostro protagonista senza voce totalmente personalizzabile (e qui va spesa una parola per fare i complimenti all'editor dei personaggi che è il migliore che abbia mai visto) nell'aspetto e nello stile di combattimento. Il Protagonista è un redivivo: un immortale costretto a nutrirsi di sangue umano per non impazzire. Unico problema? Il sangue scarseggia.

Inizia quindi il viaggio del Protagonista alla ricerca di una sorgente di gocce di sangue in modo da salvare la "umanità" dall'estinzione a causa della follia.

La trama è rovinata da questa estetica da fantasy giapponese di quarta categoria. Solo nella sinossi abbiamo: vampiri immortali folli che, in seguito alla fine del mondo, devono vagare per cercare fonti di sangue fresco combattendo con enormi spadoni tra di loro e con i demoni che ora camminano sulla terra.
Un tipo di stile che si ripete ovunque nel gioco: nella scrittura banale che fa del "potere dell'amicizia" il modo di vedere i rapporti "umani" del gioco, o nell'estetica del vestiario e delle armi improbabili.
Insomma è un gioco che vuole essere serioso e toccante, ma per un target di quattordicenni appassionati di anime di seconda categoria. Se lo siete apprezzerete.
Altrimenti a furia di signorine svestite dal seno gargantuesco troverete sempre più insopportabile tutto ciò che non riguardi uccidere i mostri.

Perché sì, il gameplay è salvabile e anzi ha qualche idea anche molto interessante.
Come creare un sistema di classi cambiabili sul momento (evitando quindi di bloccare il giocatore in una build per tutto il gioco) o i "doni": abilità attivabili che vanno imparate e sono composta da buff/debuff o combo di attacchi particolari.
Inoltre tutto il gioco, di default, si svolgerà portando con se un compagno di viaggio gestito dall'IA che aiuterà il giocatore nei combattimenti e anche nell'esplorazione, anche se in maniera marginale.
Per il resto lo stile è quello tipico dei Souls: attacchi leggeri, pesanti, schivate e parry.

Ma il punto di forza di Code Vein è il level design.
Sicuramente più chiuso e lineare di quello di molti soulslike dimostra comunque una grandissima cura alle tematiche di ogni area e ai percorsi e alle sfide secondarie affrontabili.
Ogni area maggiore del gioco ha infatti, all'incirca, un tema a cui sottostà: un mondo di sabbia che inibisce i doni del giocatore, uno di fuoco che fa perdere vita per esplorare, uno di ghiaccio sottile che si spezza camminandoci sopra e così via.
Ciò rende l'esplorazione per trovare equipaggiamenti e consumabili incredibilmente interessante poiché bisognerà sempre tenere a mente il livello in cui ci si muove.
Certo ci sono livelli riusciti molto meglio di altri e soprattutto livelli che non hanno esplorato a sufficienza, ma nel complesso è un insieme di aree sicuramente interessanti da un punto di vista delle meccaniche.

Peccato però che questi livelli, così originali per design estetico e di gameplay, siano riempiti sempre e solo degli stessi nemici dall'inizio del gioco. Nemici che si contano sulle dita di una mano se si ignorano i vari reskin. E in un gioco della durata di una 30ina di ore circa come code vein affrontare sempre gli stessi nemici è stancante.
Esplorare è piacevole: battere gli stessi corrotti tutto il tempo no.

Nel complesso è un gioco godibile ma non eccelso rovinato da un estetica che non può andare bene superata la pubertà e da una varietà di nemici estremamente insufficiente.

Giocato in seguito a persona 5 mostra decisamente il peso degli anni, vuoi anche perché è un port di una versione portatile per PSP.

A causa di ciò non ci sono filmati d'animazione e modelli 3D nell'overworld.
Il gameplay rimane ottimo però, al netto di qualche QoL in meno rispetto all'ultimo capitolo.

I peccati principali sono:
1) I social link davvero subpar
2)La maggior parte del design dei nemici poco ispirati (ad eccezion fatta del boss finale che è pazzesco).