Tales of Arise è esattamente quello che ci aspetta: un jrpg stile anime con tutti gli elementi del caso. Nel calderone ci sono quindi stereotipi e cliché, banalità e tanta lore apparentemente caotica farcita di teorie e congetture che si rivelano sempre essere esatte nonostante si basino su poteri e forze pressoché sconosciuti. Anche il sistema di combattimento non è proprio il top. Nonostante questo Tales of Arise è uno di quei viaggi che compi affezionandoti ai personaggi, alle vicende, facendo tuo il mondo di gioco e che ti lasciano un enorme vuoto una volta portati a termine, creando un forte senso di nausea quando incominci il prossimo titolo uscendo da tutti quegli schemi che dopo 40 ore almeno avevi acquisito e padroneggiato. Partiamo dal plot e dalla componente narrativa.

Tales of Arise è ambientato in un universo composto da due pianeti gemelli e da un satellite che li congiunge. Sul satellite vivono gli abitanti di uno dei due pianeti, una società tecnologicamente avanzata che invade e sottomette l’altro pianeta instaurando un regime di schiavitù suddiviso in cinque regni. Nei panni di uno schiavo con un background narrativo decisamente singolare ma ovviamente poco chiaro in principio inizieremo a conoscere nuove persone ed insieme si avvierà una campagna rivoluzionaria per sovvertire lo status quo e liberare il pianeta. La narrazione procederà in maniera estremamente scontata, telefonata e stereotipata nelle prime ore rivelandosi ben poco interessante, fatta eccezione per i misteri che caratterizzano i protagonisti e che ovviamente si scopriranno nel corso dell’avventura. È proprio quando questa sezione passerà in primo piano che la componente narrativa raggiunge il suo apice qualitativo. L’intreccio alternerà vari plot twist molto coerenti che coroneranno una lore ed una trama che si incastrerà a pennello, fino all’ultimo tassello e senza gravi incongruenze o lacune.

Il tutto verrà scandito da sei personaggi non particolarmente originali o brillanti ma ai quali ci si affeziona facilmente e con cui si crea un legame empatico che può portare anche a commuoversi, se avete la lacrima facile come il sottoscritto. Di questi sei soltanto uno mi è piaciuto molto, gli altri sono i classici paladini stile anime con lati oscuri autoesposti che non stanno né in cielo né in terra, comunque ripeto che non mi aspettavo niente di diverso e che il pathos comunque è stata la chiave per apprezzarne le gesta.

A ciò si abbina un combat system molto carino ma al contempo tutt’altro che perfetto. Nella recensione di Berseria descrissi minuziosamente il sistema di combattimento perché mi aveva convinto in pieno, questa volta non farò altrettanto anche perché ci sono recensioni ben più complete per avere una disamina approfondita. Sinteticamente si può dire che il combat system diverte, la difficoltà non è bassa tuttavia spammando consumabili che si possono farmare senza troppa pena si riescono a bilanciare le cose. I lati negativi sono essenzialmente tre. Il primo è che i personaggi non controllabili tendono un po' troppo a subire danni e a farsi ammazzare. Se in Berseria una serie di caratteristiche spronavano a cambiare pg al momento giusto qui lo switch è poco incentivato e questo per il secondo motivo che andrò tra pochissimo a rivelarvi. La gestione tattica del team è estremamente incompleta e poco customizzabile, potete anche giocare in maniera perfetta e schivare ogni attacco contrattaccando al momento idoneo, ma nulla salverà gli altri membri del party dall’agonizzare costantemente.

Il secondo aspetto negativo è che non vi è un buon bilanciamento tra le abilità, alcune sono molto più forti di altre e l’aspetto varietà va a farsi benedire, culminando nello spam delle solite 2 o 3, nel mio caso una in particolare con un solo pg, motivo per cui raramente mi capitava di switchare personaggio, anche perché gli hp dei nemici tendono ad essere molto alti specialmente nelle fasi finali del gioco dunque la scelta si rivelava obbligata.

Il terzo aspetto negativo è che la mole di particellari porta spesso a capirci davvero poco, motivo per cui tenevo sempre in panchina il caster del party che creava un tripudio di elementi a dir poco accecanti. Insomma il sistema di combattimento è tutt'altro che perfetto e a dire il vero a volte è anche un pò ripetitivo ma comunque è possibile arginare facilmente gli scontri "casuali" che sono evitabili ed avviati dall'incontro fisico con il nemico, tranne in pochissimi casi in cui non è neppure possibile fuggire. Comunque la formula è divertente, non incredibile ma complessivamente riuscita.

Esteticamente il titolo mi ha deluso nelle primissime ore mostrando dei paesaggi un pò spogli e stucchevoli ma si riprende nel corso del gioco con scenari più appaganti. I personaggi invece hanno modelli molto carini con un lieve margine di customizzazione che poteva a mio avviso essere ampliato senza problemi. Tecnicamente è cell shading classico, non il top della generazione. Un pò di aliasing di troppo e qualche artefatto simil grana tendono a smorzare l'impatto estetico ma alla fine niente di tragico. Bello il sonoro con degli ottimi pezzi.

Tirando le somme Tales of Arise è un bel gioco ma non un capolavoro e sinceramente continuo a preferire Berseria, l'unico tales of che ho giocato oltre questo. Dovessi dargli il numerino stupido e fine a se stesso gli darei un otto/otto e mezzo ma gli lascio un nove per l'avermi conquistato emotivamente, per avermi divertito e lasciato malinconico alla sua conclusione. Ultimamente sto iniziando a credere che la longevità in certi titoli sia più un male che un bene, l'idea che un gioco duri 40 ore sta iniziando a pesarmi e molto spesso ho sempre il desiderio mal celato che il titolo finisca il prima possibile per passare al prossimo. Con Tales of Arise invece mi sono preso i miei tempi, mi sono goduto ogni minuto di gioco a riprova del fatto che l'abbia apprezzato veramente nonostante i difetti, ragion per cui assegno il voto a cuor leggero.

Fa ridere aver messo fifa 21 nei finiti recenti e non ricordare nemmeno di averci giocato, nonostante ci abbia passato un mesetto abbondante sopra. È fifa, non gioco fut, al momento non seguo manco il calcio, mi si stava riaccendendo una scintilla morta per lo sport in questione e ci ho giocato un pò, tutto qui. La solita roba di tutti gli anni immagino.

The Horror of Village
La recensione in questione sarà difficile, non perché Resident Evil Village risulti essere un gioco troppo complesso da descrivere, ma più che altro perché ho la necessità di raccontare molto di me, dei miei gusti e del mio vissuto personale, solo così posso esporvi con chiarezza i motivi per cui reputi questo titolo come uno dei migliori giochi su cui abbia mai messo mano. Questa non sarà dunque una recensione fredda e asettica ma ci metterò tanto di me, sarà un viaggio parallelo tra la mia persona ed il gioco dunque se la cosa non vi interessa potete benissimo fermarvi qui altrimenti buona lettura.

Credo che il primo punto di cui trattare brevemente sia il mio rapporto con la saga: non sono un fan di vecchia data di Resident Evil, sto recuperando i vari capitoli solo negli ultimi anni in ordine un po' sparso. In particolare credo sia importante parlare del Remake del 2, del 4 e del 7. Il remake del 2 per me è stato fino a poco fa il miglior Survival Horror che abbia mai giocato, è stato un titolo che mi ha colpito in tutto e per tutto e che mi ha spronato a recuperare gli altri. Il 4 a sua volta mi è piaciuto molto per una serie di motivi, motivi che vanno inevitabilmente ad intersecarsi con Village e di cui parlerò a breve, tuttavia non l’ho amato per una serie di criticità abbastanza soggettive. Per quanto riguarda il 7 invece, questo è stato il mio primo Resident Evil portato a termine, giocato alla sua uscita nel 2017, apprezzandolo tantissimo per le atmosfere e per gli elementi di level design ma al contempo non considerandolo eccelso.
Ho parlato di questi 3 capitoli perché Resident Evil Village per me rappresenta un mix vincente di quello che mi ha lasciato ogni singolo esponente dei tre citati: ha surclassato Resident Evil 2 Remake restituendomi emozioni ancora più forti, ha ripreso la base ludica e narrativa del 7 ampliandola, correggendola e perfezionandola ed ha assorbito tutta quella bellezza gotica di Resident Evil 4 portandola ai massimi livelli in un clima da vero Survival Horror, non privo ma comunque molto meno straripante di quella demenza tipica del 4 capitolo volutamente grottesco.

Il risultato è stato un gioco a mio avviso praticamente perfetto, so che molti avrebbero dieci miliardi di motivi per demolirlo, siamo su internet del resto e parlare male di qualcosa è sport nazionale, specialmente sulle opere di intrattenimento. Che le critiche portate dalla gente siano legittime o meno a me interessa poco, ovviamente rispetto le opinioni di tutti ma ho cominciato questo titolo senza leggere nulla di nulla evitando di farmi influenzare ed il risultato è stato un amore folle. A questo punto direi di procedere con un piccolo excursus personale.

Sono un amante dell’horror da quando ero piccolo, mio fratello aveva una collezione decente di dvd e vhs e, affascinato dal genere, iniziai a prenderli di contrabbando quando i miei non controllavano e a guardarli per fatti miei. A 6 anni iniziai a guardare il remake della Notte dei morti viventi, innamorandomi totalmente di quell’invasione zombie dal sapore campagnolo e cimiteriale, poi iniziai pian piano a recuperarmi i maggiori esponenti del genere. Nel corso degli anni la mia passione per gli Horror è cresciuta esponenzialmente, e si sono fatte strada in testa tutte una serie di ambientazioni e di mood che privilegio. Tralasciando il già citato clima da Horror di campagna americana, che sa tanto di Resident Evil 7 d’altronde, ho sviluppato un fascino particolare per l’horror gotico, per i vampiri e i castelli, le lapidi fumanti, i licantropi, gli spettri, gli zombie, le streghe e tutti gli elementi più classici che negli ultimi anni non hanno più un ruolo predominante nelle sale cinematografiche, surclassati ormai da serial killer e possessioni.

Quando nel 2015 fu rilasciato Bloodborne credevo di trovarmi esattamente di fronte a questo, anche perché dai primi teaser non riuscivo a pensare altrimenti, poi invece procedendo nell’epopea di From mi sono reso conto di come quegli elementi citati poco fa siano passati in secondo piano dopo solo una manciata di ore, sostituiti da creature aliene, incubi ed orrore cosmico. Ovviamente ho amato Bloodborne tuttavia proprio per questo motivo mi ha lasciato un amaro in bocca enorme e la continua attesa di un gioco che potesse regalarmi quello che cercavo, e finalmente quest’ultimo è arrivato.
Basterebbe già solo questa digressione per spiegare come mai adori alla follia Resident Evil Village, in questo gioco c’è letteralmente tutto ciò che cercavo: horror gotico con castelli, vampiri e segreti, paesaggi rurali infestati da licantropi, zombie, abomini giganti, bambole possedute, capre sgozzate, gente che penzola impiccata un po' ovunque, cimiteri stracolmi di lapidi, paludi e chi più ne ha più ne metta. Nell’enorme repertorio di tematiche dell’orrore figura anche l’Horror Steampunk, il risultato è una completa goduria. La realizzazione tecnica, non perfetta per i modelli umani, si rifà decisamente per le creature citate e per tutti gli elementi del setting, regalando un capolavoro estetico che ha davvero pochi rivali. I giochi di luce ed ombre, la mole immensa di nemici e ambientazioni sono tutto ciò che stavo aspettando da anni in un videogioco e questa mole non è solo visiva.

Ludicamente infatti c’è un’ottima varietà dei nemici, nonostante infatti ci siano una serie di nemici base molto simili per moveset ci sono poi altrettanti nemici speciali, boss e miniboss che il risultato è impressionante. Ogni singola boss fight è un tripudio di genialità e divertimento ma al contempo sofferenza data da un sistema di shooting che non restituisce un esatto feedback dei colpi, salvo alcuni casi, e che contribuisce ad aumentare il senso di impotenza che caratterizza la componente da survival horror. Questo infatti è un autentico survival horror, le munizioni pur trovandosi in quantità sufficienti non sono mai realmente abbondanti, il damage output relativamente basso di molte armi rende inoltre le munizioni inflazionate per questo bisognerà sempre stare attenti e valutare bene la mappa, gli angoli di fuga, e la modalità di ingaggio dei nemici.
I nemici poi sbucheranno letteralmente nei posti e nei momenti più disparati, con una scelta registica delle varie situazioni che tocca semplicemente i livelli del sublime, regia che si fregia anche di un comparto sonoro importantissimo e magistrale. Il costante rumore dei passi, vari easter egg sonori e quant’altro aumenteranno il carico ansiogeno regalando un’esperienza indescrivibile e che lascerà il giocatore in un costante stato di alt e preoccupazione, a volte paradossalmente anche nelle safe room.

A toccare livelli altissimi è anche il level design: il gioco vede una mappa interconnessa con al centro il villaggio che costituisce l’hub, poi ci sono una serie di diramazioni che portano alle 4 location principali del gioco che non vi sto a spoilerare anche se ormai il castello Dimitrescu è noto un po' a tutti. Gli elementi di interconnessione tra le varie location si sbloccano progressivamente all’acquisizione di nuovi oggetti chiave che sono essenziali sopratutto nella progressione delle singole zone, curate alla follia. Gli enigmi a dire il vero non sono particolarmente complessi, sono appena sufficienti sotto il profilo della complessità ma abbondano in numero, a differenza invece di un Resident Evil 4 dove sono striminziti per numero, questo crea una progressione continua senza stalli particolari, anche se una sezione sotto questo punto di vista è decisamente sopra le altre, fatto stà comunque che la qualità ludica è enorme.

Uccidendo i vari nemici otterremo o materiali per il crafting oppure una serie da tesori da rivendere al Duca, il vendor e nostro alleato che troveremo in giro per tutto il gioco e che ci fornirà risorse, potenziamenti, power up permanenti tramite un sistema di cucina con ingredienti da trovare per il gioco, e nuovi slot per l’inventario, inventario che tuttavia non sarà mai particolarmente problematico anzi, acquistando i power up nel giusto momento non soffriremo mai la sua dimensione.

Un ultimo appunto va infine alla componente narrativa, non che questa sia irrilevante assolutamente. Il titolo alla stregua del predecessore ci lascerà nel caos più totale all’inizio, poi la trama si arricchirà gradualmente portandoci alla soluzione del puzzle a fine gioco. La cosa incredibile è che il titolo porta una circolarità incredibile alla lore degli ultimi due capitoli e della saga in generale, risultando riuscitissimo anche sotto questo punto di vista.

Se devo trovare un difetto in tutto questo ben di dio sono incapace di farlo, ripeto, sicuramente altri avranno un sacco di motivazioni per odiarlo o sminuirlo tuttavia spero che, per chi sia riuscito a leggere tutto, questo enorme racconto sul mio vissuto e i miei gusti basti a farvi capire come mai abbia adorato alla follia Resident Evil Village, perché lo consideri il miglior Survival Horror che abbia giocato e perché lo reputi addirittura uno dei migliori giochi che abbia mai giocato a livello puramente soggettivo ovviamente. Adesso mi dedicherò alla seconda run, se necessario mi prenderò del tempo per aggiornare la recensione tuttavia allo stato attuale questo gioco per me è promosso a pieni voti.

2016

Welcome to your Doom
Doom è un concentrato esplosivo di freneticità, crisi epilettiche, spara spara e industrial. È senza dubbio uno dei giochi più veloci, gasanti e divertenti che mi sia capitato da giocare, specialmente da profano verso gli fps arena, un genere che di certo negli ultimissimi anni non ha avuto molta gloria ma che Doom porta a risplendere agli occhi delle masse.

Non ho mai avuto esperienza con questa saga storica, ho giocato solo per pochissimo e in maniera insignificante ad Eternal per motivi che non vi sto manco a spiegare, in ogni caso ero praticamente un novizio quando ho avviato per la prima volta il gioco. Nonostante ciò uno dei punti forti di Doom è proprio il rodaggio minimale, bastano pochi minuti per prendere confidenza con le meccaniche e nel giro di 1 ora si è perfettamente a proprio agio con i movimenti e con le dinamiche.

La semplicità nell’approcciarsi al gioco tuttavia non è sinonimo di facilità nel giocarlo, Doom richiede molto impegno per essere portato a termine, il livello di difficoltà aumenta esponenzialmente nei capitoli finali, non stiamo parlando di certo di un gioco proibitivo a difficoltà standard ma comunque è richiesta concentrazione e consapevolezza nei movimenti e nel repertorio di armi a disposizione. In un crescendo di gore, violenza ed esplosioni ci faremo avanti tra un capitolo ed il successivo massacrando orde di demoni che continuano a spawnare nelle sezioni dei livelli saturando ogni angolo del campo.

Il level design è ben studiato e permette un parkour divertente e frenetico che ci porta ad esplorare la mappa per rifornirci di munizioni e sfuggire al tornado di proiettili e nemici che si getta addosso a noi. I nemici hanno varie sembianze, dai minion ai grossoni, ognuno ha le sue caratteristiche tuttavia si impiega poco per familiarizzarci.
Esteticamente sono sublimi, così come ogni singolo livello che spazia dallo sci-fi all’infernale condito da un tripudio di gore senza fine. L’estetica del gioco è anche esaltata da un comparto tecnico assolutamente degno, pregno di modelli e texture di altissima qualità e decisamente appagante.

Le armi solitamente si caratterizzano dal tipo di munizione: salvo due armi che fanno testo a parte ci sono 3 tipologie di proiettile e 2 armi per tipologia, purtroppo non tutte perfettamente bilanciate in quanto una delle due predomina sempre sull’altra che non conviene minimamente utilizzare se non quando ci impasticciamo nello switch.
In giro per la mappa troveremo powerup di vario tipo, piccole challenge, e in generale sbloccheremo altri punti da investire nell’equipaggiamento. A condire l’esperienza ci saranno verso fine gioco delle Boss Fight a dir poco orgasmiche tuttavia qui sorge un problema: queste sono concentrate unicamente negli ultimi livelli e sarebbe stato decisamente più interessante trovarsele in tutto il gioco per spezzare la monotonia.

Questa monotonia è dovuta dal fatto che, arrivati a metà circa, non si sbloccheranno più armi o nuove tipologie di mob e nel mio caso questo ha portato una certa stagnazione, ragion per cui ho impiegato un bel po' a finire il titolo dato che stavo accusando una certa ripetitività, c’è da dire tuttavia che il gioco dura una 10ina di ore, ragion per cui qualunque giocatore meno sciatto di me può divorarselo senza patire minimamente questo senso di monotonia che comunque non è per nulla detto accusiate, alla fine la percezione è estremamente soggettiva e, quello che a me può aver stancato dopo un tot di ore non è detto che a voi possa risultare noioso o ripetitivo in alcun modo.

La narrazione è estremamente striminzita, non è di certo un titolo che si caratterizza per quello. Ammetto che personalmente una narrativa quanto più presente mi avrebbe con ogni probabilità spinto a giocare le ultime ore con più interesse ma questo è un gusto estremamente personale, il gioco comunque funziona benissimo ed ha una formula di gameplay che non dico possa piacere a tutti, ma comunque può catturare il cuore di un sacco di gente

Nella precedente "recensione" ho detto che mario kart è un classicone che vende grazie ad un connubio tra concept ed estetica ma non regala particolari stimoli. Super Smash Bros contrariamente riesce in tutti e 3 i fronti proponendo un picchiaduro crossover divertente, bellissimo da vedere, ispirato e con una nutrita componente competitiva. Questo aspetto lo tralascerò in quanto è un panorama che non ho minimamente esplorato, anche perché i picchiaduro sono uno di quei generi in cui faccio particolarmente schifo, parlerò brevemente invece della componente offline. Smash bros ormai è una saga iconica, per i pochi che non lo conoscessero si tratta di una serie di picchiaduro nata originariamente come crossover dei personaggi nintendo più iconici e diventata nel tempo un vero e proprio tributo al medium. A differenza degli altri picchiaduro non si dovrà ridurre la vita dell'avversario (anche se volendo si possono modificare le regole ottenendo questo risultato) ma fargli accumulare danno così da incrementare la probabilità di essere scaraventato fuori dal ring. Le regole sono altamente customizzabili, l'incontro infatti può basarsi tanto quanto sulle vite, quanto sulla percentuale di vita o il tempo trascorso garantendo la più totale libertà. A farcire l'esperienza ci sono tutta una serie di oggetti, anch'essi disattivabili a piacimento per offrire l'assetto che più compiace i nostri gusti. Il roster è immenso, ci sono personaggi (e relativi stage) provenienti da tantissime ip nintendo e non, ogni personaggio ha un moveset diverso salvo un paio, ogni mossa è caratterizzata dall'iconico arsenale dei singoli personaggi nei relativi giochi d'origine. Non sono sufficientemente esperto per parlare di bilanciamento, appartenentemente mi è sembrato ci siano pg più forti di altri ma sostanzialmente basta utilizzare ed imparare bene le mosse del proprio personaggio preferito per padroneggiarlo decentemente e riuscire a divertirsi senza troppi problemi. L'unico neo di questa produzione secondo me è l'assenza di contenuto offline degno che possa ampliare l'offerta in single player, offerta che essenzialmente termina una volta completato il roster (i combattenti si sbloccano ad intervalli di 10 minuti circa) anche se è disponibile qualche modalità per passare il tempo, nulla di rilevante comunque. Il gioco è di altissimo livello, riesce a divertire e a catturare ed è sicuramente uno dei titoli più importanti di switch, consigliato anche a chi come me non è eccessivamente avvezzo ai picchiaduro 2d

Impostare come "finito" un gioco che ha di per sè già tutto sbloccato è abbastanza triste ma in ogni caso ci ho giocato abbastanza nei vari trofei per capire che cosa ho davanti. Mario Kart è la classica ip Nintendo che riesce a piazzare milioni di copie grazie ad un mix tra concept ed estetica, tuttavia è da sempre una saga che non offre grandi stimoli se non il mero divertimento, specialmente in locale. Estetica e concept funzionano ancora, i livelli sono bellissimi e coloratissimi, l'impatto visivo è magistrale e le varie aggiunte, importate soprattutto dal capitolo precedente, vanno a limare una formula che funziona per il suo obbiettivo, ma qual è questo obbiettivo? Beh secondo me è offrire un racing game alla portata di letteralmente tutti che riesca a divertire con poco, di base sarebbe già inutile cercare finezze di gameplay o bilanciamento in un mario kart, in questo capitolo tuttavia a causa degli oggetti cumulabili ci si ritrova in un marasma di gusci, esplosioni e strombazzamenti che sacrificano qualunque componente di skill e lasciano spazio ad un gioco vuoto che non offre alcuna soddisfazione, difatti si può benissimo passare da primi ad ultimi a causa di una tempesta di oggetti a 10 metri dal traguardo; questo rende Mario Kart il classico gioco da una partita e via con gli amici o i cuginetti, difatti secondo me mario kart rappresenta quel baluardo del "casual gaming" che nintendo prova a tenersi stretto, di sicuro non sono questi i titoli che mi porterebbero a comprare una wii u/switch ma alla fine sono proprio quelli che vendono, o ci si diverte nella superficialità che li contraddistingue o li si lascia sullo scaffale.

Tom Nook is back again
Nell’ultimo periodo ho macinato decine e decine di ore su questo gioco giungendo oggi ai titoli di coda, ciononostante arrivare ai titoli di coda in new horizon equivale praticamente ad aver finito il tutorial dunque mi riservo la facoltà di modificare la recensione in futuro se avrò cambiato idea riguardo determinati aspetti o se vorrò eventualmente ampliarla. La recensione inoltre concernerà soltanto l’esperienza in single player.

Quando lo scorso anno è cominciato l’incubo del covid ho passato, come quasi tutti credo, dei momenti particolarmente grigi che ho affrontato tramite una pesantissima overdose di sano “gaming” condito da chiamate discord. Mentre mi deliziavo tra final fantasy 7, tales of berseria ed altri titoli sentivo invece i miei amici virutali stramazzare ogni giorno chiedendo insistentemente il prezzo delle rape. In quel periodo era uscito Animal Crossing New Horizons, titolo che desideravo fortemente ma non potevo avere in quanto un anno prima avevo venduto la mia switch, commettendo un gravissimo errore. Ed ecco che mentre i miei amici non facevano che parlare all’unisono di quell’usuraio di tom nook e delle proprie isole, io sopprimevo il mio profondo desiderio di giocarci concentrandomi su altro. La mia bramosia era alimentata da un lato dal desiderio di partecipare a quell’esperienza condivisa che era il gioco per gli altri, dall’altro dai ricordi di infanzia, infanzia in cui ho consumato i tasti del mio ds lite su Wild World, titolo che ancora oggi porto nel cuore. È dovuto passare più di un anno affinché decidessi di riacquistare switch e potessi mettere le mani su New Horizons, l’attesa è valsa la pena?

Inizialmente no, diciamo che il gioco parte davvero davvero male. Per chi non dovesse conoscere animal crossing, stiamo parlando di un gioco life sim e gestionale in cui impersoneremo un omino appena giunto in una città (in questo caso un’isola deserta) abitata da animali antropomorfi caratterizzati da un’estetica “cute” la quale ha permesso al titolo di spopolare anche tra le fantomatiche “ragazze gamer”, una leggenda metropolitana specialmente qui su ludomedia. Un altro tratto distintivo di animal crossing è la quotidianità: il tempo del gioco è sincronizzato con quello della console, per svolgere le varie attività ed esplorare i nuovi eventi (alcuni singolari altri a cadenza settimanale) dovremo attendere parecchie ore. La cosa di per sé non sarebbe un male se solo New Horizons non avesse due grandi pecche: una partenza castrata e l’assenza di eventi realmente caratteristici o di rilievo. Per adesso voglio focalizzarmi sulla partenza castrata.

Si inizia il gioco insieme ad un paio di npc accampati in tenda, su un’isola vuota in cui le poche attività da fare soffrono di un enorme senso di deja vu, essendo riportate 1:1 dai capitoli precedenti. I primi giorni la situazione era così tragica che il gioco mi aveva praticamente già stancato, ragion per cui decido di ricorrere ad un piccolo cheat che molti giocatori odiano ma che nel mio caso ha cambiato totalmente l’approccio al gioco in meglio: il timeskip. Modificando la data della console è possibile andare automaticamente al giorno successivo senza dover aspettare il naturale trascorrere del tempo. Grazie a questo “turbo” sono riuscito finalmente a godermi il gioco e a chiudermici su. Di giorno in giorno si sbloccano nuove meccaniche, nuovi npc e nuovi eventi che confluiscono a formare un grande minestrone dando focus particolare alla personalizzazione dell’isola. Se da un lato i mezzi a nostra disposizione sono comunque limitati, dall’altro i nuovi oggetti e progressi quotidiani ci porteranno nel tempo ad arricchire sempre più la nostra isoletta e a plasmarla a nostro piacimento con immensa soddisfazione. La partenza castrata si risolve dunque facilmente adottando il time skip, che comunque snatura il gioco ma non è un vero e proprio cheat alla fine, non più di gettarsi nei meandri di internet nel mercato nero delle rape.

Tra le tante meccaniche infatti sarà presente anche la compravendita di rape, che si sostituiscono alle azioni, e che seguono delle precise fluttuazioni che hanno portato i giocatori a creare tool che né stimano i possibili prezzi in funzione degli algoritmi dietro le fluttuazioni, e che hanno dato vita a delle bacheche o gruppi online per trovare le isole dove è possibile rivenderle a prezzi esorbitanti, caricandosi le tasche di monete. Oltre la moneta canonica, qui chiamata “stellina” è presente anche una seconda valuta, le “miglia” ottenibili tramite achievements ripetibili e non, ed acquisibili in quantità corrette, integrandosi in maniera bilanciatissima alle stelline. Ci sono poi tantissime altre meccaniche peculiari ed eventi che non ci tengo a spoilerare, complessivamente funzionano ed intrattengono, eccetto per quelle che compongono il secondo grande difetto.

Secondo me infatti l’altro difetto, non risolvibile con espedienti come il timeskip, è l’assenza di daily degne, sia riguardo l’interazione con gli npc il cui rapporto è piattissimo, non reagiscono in maniera eccelsa a determinati trigger in game e comunque non hanno chissà quale evoluzione, in secondo luogo in riferimento a tutti gli eventi infrasettimanali o annuali, che offrono davvero un’esperienza misera.

Il comparto estetico è al top, con uno stile caratteristico eccezionale che non richiede grande potenza bruta e che rende benissimo anche su switch, il tutto accompagnato dalle musichette catchy della pop star k.k slider.

Insomma New Horizons ha sacrificato tantissimo le daily e le interazioni con gli npc per dare focus alla costruzione dell’isola, se siete disposti a patire attese lunghissime anche per le operazioni più semplici (o timeskippare) e se il vostro focus è nella componente gestionale, comunque limitata nelle meccaniche ma divertente ed appagante, otterrete un’autentica droga che vi toglierà tante tante ore di vita reale e vi farà sognare animali parlanti, procioni strozzini e portafogli pieni di rape.

A circa 10 anni dalla mia prima e unica (se escludiamo un paio d'ore sulla versione jappo) run su Nero arrivo a giocare questa seconda incarnazione della quinta gen, quella che, stando a tantissimi, è la migliore generazione di giochi pokemon di sempre. Non fatico a crederci essendomi trovato davanti ad un titolo ricchissimo di contenuto, denso di meccaniche e ben più profondo degli ultimi capitoli. Bianco 2 è il coronamento di tutto ciò che la saga ha conquistato negli anni fino al 3d, è il capitolo 2d definitivo, l'ultimo pilastro di una formula, probabilmente già stagnante, che da lì in poi ha iniziato un declino semplificativo tra le accuse dei fan di vecchia data. Ora il problema che si pone è un altro, questo sarà anche il prodotto più completo del brand, ma è il mio preferito? Neanche lontanamente. Quella di pokemon è una saga che ha caratterizzato molto la mia infanzia ma che, analizzando con occhio più attento adesso, risulta essere decisamente mediocre. Bianco 2 avrà chicce di trama e una narrazione intricata rispetto gli altri, ma di cosa stiamo parlando essenzialmente? Di un intreccio estremamente fanciullesco senza il minimo senso di profondità. È un male? Assolutamente no e ci arriverò tra poco. Allo stesso tempo offre un sacco di meccaniche inedite ma sono davvero un plus rispetto agli altri capitoli? Beh secondo me no poi ognuno ha il diritto di divertirsi come preferisce. Il level design più articolato e la struttura di gioco poi sono davvero così rilevanti? Qui è estremamente soggettivo, io sinceramente non ho mai attribuito al level design un ruolo così importante AD ECCEZIONE di alcuni giochi e di alcuni generi in cui è davvero essenziale, nel caso di pokemon tuttavia non sono mai riuscito a trarre soddisfazione dal level design, comunque associato a migliaia di logoranti scontri non skippabili e all’abuso di repellenti specialmente a team completo. Quello che voglio dire è che sicuramente Bianco 2 può essere considerato il miglior pokemon in riferimento a tali meccaniche e chicce in game, tuttavia per me la saga, presa per questi aspetti, non è mai risultata essere eccellente e Bianco 2 non lo reputo di certo un capolavoro di narrazione o design. Cosa fa la differenza in un pokemon allora? Come ho detto è sempre molto soggettivo ma nel MIO caso gli aspetti più divertenti sono da ricercare proprio nelle caratteristiche superficiali ed è qui che pokemon Bianco 2 mi delude seriamente; banale che sia il mio obbiettivo principale giocando a pokemon è proprio quello di catturare, allenare e sfidare i pokemon e la quinta generazione sotto questo punto di vista è la mia krypronite, non riesco davvero ad apprezzare, salvo le dovute eccezioni, i pokemon di questa gen che a mio personalissimo gusto sono mediamente orribili e non mi hanno suscitato alcun piacere né in questo (che fortunatamente ha più pokemon dei capitoli precedenti in early game) né in nero/bianco 1. Ovviamente questa “recensione” è più uno sfogo che altro, come dico sempre per le recensioni professionali ci sono i siti specializzati, io riconosco sicuramente in Bianco/Nero 2 un titolo eccellente per gli standard della saga ma come ho detto, ritengo che pokemon, almeno prima della larga diffusione del competitivo di cui sono ignorantissimo, abbia avuto così tanto appeal per gli aspetti più superficiali e per mio gusto questi sono catastrofici in questa incarnazione, incarnazione che non arriva neanche minimamente a spodestare un Soul Silver o un Diamante per quello che è il mio soggettivissimo apprezzamento.

Non sfioravo un pokemon da 7 anni, dopo aver passato 200 ore su y e dopo aver buttato l'infanzia sul brand. Non so bene i motivi che mi abbiano spinto a giocare proprio questo, visto e considerato il mastodontico oceano di feci che l'ha sommerso però è andata così. Me ne sono pentito? Beh direi di no. Il gioco mi ha divertito quanto bastava, le mie aspettative non erano alte, non sono un fan sfegatato del brand (almeno negli ultimi anni non lo sono stato), il competitivo l'ho prontamente ignorato ed ho preso il titolo con una leggerezza estrema. Se dovessi dire che i percorsi brevi e dal design a livello dell'asilo mi abbiano disgustato o che le semplificazioni unite al basso livello di sfida mi abbiano fatto venire il latte alle ginocchia, allora mentirei ma il discorso è molto semplice: io capisco benissimo chi odia questa incarnazione del brand con tutto il proprio cuore, hanno perfettamente ragione ma alla base per essere delusi bisogna avere aspettative, io non ne avevo quindi mi sono dedicato al lato più banale e fanciullesco del gioco, il team building, trastullandomi sui nuovi pokemon (che in piena sincerità mi sono piaciuti) e passando delle piacevolissime ore. Questa ovviamente non vuole essere una recensione imparziale, precisa o professionale, ci sono siti e giornalisti specializzati per quello, come dico spesso scrivo queste recensioni più come memento personale e qui ho ben poco da dire, è un titolo sicuramente mediocre, per molti pessimo, ma che mi ha divertito ed è l'unica cosa che chiedevo. Visto che si parla solo di difetti vorrei infine spezzare una lancia a favore e parlare brevemente dei pregi, ho apprezzato molto il motore grafico e l'estetica generale, anche della regione davvero carina (ESTETICAMENTE), abituato a vedere i titoli pokemon come un ammasso di pochi pixel è stato piacevole osservarli a questa risoluzione e definizione, in più credo che le terre selvagge siano un'ottima aggiunta, da rivedere e sviluppare meglio certo, ma sono un qualcosa che mi ha sorpreso e mi ha permesso di prendere una boccata d'aria dai soliti percorsi lineari.

Tamriel i'm coming
Volevo dedicare ad Eso una recensione bella corposa tuttavia, nonostante le più di 320 ore di gioco, non mi sento abbastanza preparato per farlo non avendo provato pienamente una quantità enorme di contenuti, specialmente quelli inerenti il pvp. Questo gioco è letteralmente sconfinato, al momento ho deciso di prendermi una pausa in attesa del nuovo capitolo, Blackwood, in uscita a giugno tuttavia voglio comunque parlarne in soldoni con una recensione relativamente sintetica. Innanzitutto vorrei trattare il tema dell'impatto generale del titolo visto che, anche e magari soprattutto dai fan di tes, c'è una certa freddezza che compone un alone tossico attorno ad eso. I motivi per cui il gioco ha una nomea così pessima sono da ricercare nel concept e nel lancio: è stata presa una saga storicamente single player ed è stata gettata in un contesto mmo dei più classici. Il risultato è sicuramente un titolo castrato sotto molti punti di vista, assai limitato sia per meccaniche che contenuti al lancio, nonché un'esperienza non fruibile da chi ha un pessimo rapporto con i giochi online, vuoi per una questione di connessione ma anche per semplice antipatia. Eso tuttavia si è sviluppato tantissimo negli anni grazie alle tante espansioni e modifiche, allo stato attuale, privato anche dell'odiatissimo abbonamento obbligatorio, risulta essere completamente diverso e assai più intrigante. Narrativamente ci troviamo davanti una main quest carina ma non eccezionale che vedrà il nostro protagonista, il Vestige, mettere su un esercito da portare a Coldharbor, la piana di Oblivion del principe Daedrico Molag Bal il quale, grazie all'aiuto del seguace Mannimarco, ha profanato l'amuleto dei re ed avviato un'invasione di Nirn. La main quest comunque non è la portata principale, sono più interessanti le main quest delle singole zone che si presentano narrativamente in linea con gli altri tes. La mappa è abnorme, allo stato attuale mancano davvero poche zone mentre per il resto è presente quasi tutta tamriel più alcune zone extra come appunto Coldharbor. Nonostante chiunque possa fruire della bellezza e varietà che ogni regione offre, tutto questo ben di dio è una reale manna dal cielo per i fan di tes i quali si ritrovano davanti un progetto che, seppur non in dimensioni, porta all'eccellenza quella che era l'ambizione di Arena, ambizione decisamente troppo grande per i tempi. Perdersi a Tamriel è facilissimo, ovunque ci si fiondi non si rimarrà mai con le mani in mano, ci sono subquest ed attività in ogni angolo di ogni macrozona. Il grande difetto di Eso è la sua difficoltà: se nei dungeon, specialmente in veterano e nei dlc, si presenta un livello di sfida abbastanza alto, non si può dire lo stesso nelle quest da giocare in singolo. L'intera avventura in singolo è praticamente una easy mode e con una build ben ottimizzata siete immortali. Il cs tipico di un mmo può risultare noioso inizialmente, ma una volta padroneggiato risulta divertentissimo, specialmente se come me vi diverte creare build ben ottimizzate tra le varie classi disponibili. Un maggior incentivo è dato dal fatto che, dal livello 50 in poi, tutti i personaggi avranno lo stesso livello che sarà basato su un sistema con i punti campione, sistema che conferirà bonus insignificanti ma che cumulati potranno fare una bella differenza. Questa recensione è un tappabuchi, probabilmente in futuro la rivedrò e scriverò qualcosa di molto più approfondito. Il giudizio finale è estremamente positivo, il gioco diverte sia in singolo che in multiplayer, l'unico grande difetto è il livello di difficoltà. Se amate tes e la sua lore vi invito a dargli una chance, a farvi magari un mese di eso plus che vi da accesso a quasi tutti i dlc e di valutare poi se possa fare al caso vostro, vi sconsiglio fortemente di scartarlo per qualche pregiudizio o opinione negativa per sentito dire, quasi sicuramente basata sulla prima versione del gioco o sull'odio viscerale per il genere.

Apocalypse Please
DISCLAIMER: la recensione potrebbe includere alcuni s.poiler minori, se non volete sapere assolutamente niente evitate di leggerla. Sarà incentrata inoltre solo sul gioco vanilla in single player.

Il mio primo approccio a Far Cry 5 non è stato roseo, diciamo che la formula di gameplay ridondante dai vecchi capitoli e alcune caratteristiche mi stavano portando al drop prematuro, nonostante ciò ho deciso di non mollare e di giocarmelo, fortunatamente direi, perché mi ha divertito molto e, seppur lo consideri pieno di difetti e criticità, risulta assai godibile.

Inizieremo l’avventura nei panni di un vice sceriffo novellino che parteciperà ad un Blitz per arrestare Joseph Seed o “il Padre”, folle patriarca di una setta religiosa armata, l’Eden’s Gate, insediatasi in una regione del Montana negli USA. Inizialmente il titolo sembrava avere toni cupi e seriosi quindi mi sono ritrovato estremamente perplesso di fronte a degli espedienti narrativi a mio avviso insensati, che si sono protratti fino a fine gioco condendo una narrazione decisamente di basso livello. Tuttavia man mano che giocavo mi sono reso conto di come siano stati gli sviluppatori stessi a concepire il prodotto in questo modo: in una sub quest infatti è possibile incontrare un personaggio, un simpatico easter egg di uno sviluppatore, che parla di come sia stanco di lavorare su Far Cry e preoccuparsi dei giudizi della gente su una serie di questioni tra cui la “credibilità”. La credibilità narrativa è quella che manca, totalmente aggiungerei, la vicenda si articola in un intreccio contorto, incoerente e decisamente poco credibile tuttavia, procedendo con le quest in senso antiorario (è possibile scegliere da dove iniziare la nostra avventura ma ne parleremo dopo) ci ritroveremo progressivamente in un vortice di narrativa grottesca che diventerà sempre più ampio, fino a risucchiarci in una spirale di demenza, nonsense e satira politica ma anche sociale. In questa dimensione grottesca il gioco riesce perfettamente tuttavia non sono rari dei tentativi veramente maldestri in cui il plot prova a darsi un tono e a comunicare un briciolo di pathos; dico maldestri perché il risultato finale è davvero deludente, i rapporti tra i personaggi sono trattati veramente male, in maniera sbrigativa e superficiale dunque voler creare tensione emotiva con scene del genere, guidate sempre dai soliti espedienti narrativi insensati, porta a risultati di un patetico assoluto. Se il titolo avesse mantenuto quel tono scanzonato per tutto il tempo sarebbe stato decisamente divertente tuttavia così non è, e questa dicotomia mi lascia perplesso e non poco. Il discorso vale anche per la stesura dei personaggi: quando ci troviamo davanti a personaggi comici, satirici e grotteschi il gioco riesce splendidamente nella caratterizzazione strappando più di un sorriso, quando invece si vuol creare un personaggio dai toni più cupi il risultato è catastrofico. Prima di parlare degli antagonisti, punto cardine dei vari Far Cry, ci tengo a precisare che ci troviamo davanti un videogioco, rilasciato nel 2018, con protagonista muto e passivo, un qualcosa che non concepisco, non condivido e non accetto in un titolo dalla componente narrativa altalenante ma comunque rilevante. La nostra nemesi principale come già detto è Joseph Seed, uno stravagante chad con l’addome in tiro, il man bun e gli occhiali a goccia, che farnetica di un presunto “Collasso” ,l’apocalisse in poche parole, e cerca di preparare il suo gregge, l’Eden’s Gate, al giorno del giudizio. La setta in questione è quanto di meno carismatico possa esistere, si direbbe che a parte l’apocalisse non ritroviamo nessuna ideologia, nessun credo o nessuna ritualità. Sono i fratelli di Joseph, i suoi luogotenenti che esercitano la propria influenza militare sulle 3 regioni del gioco, a narrare un po' del credo degli edeniti tuttavia il risultato è ridicolo 2 volte su 3. Jacob Seed il fratello maggiore è un veterano di guerra che predica di come l’uomo debba riscoprire la forza, e di come la vita di pochi prescelti prevarrà su quella delle masse durante il Collasso, John Seed, un altro chad delirante, farà la parte del flagellante che parla di peccato e redenzione ed il tutto accompagnato dal dolore fisico per l’espiazione delle colpe. Faith, l’unico personaggio riuscito per motivi che non vi s.poilero, invece sarà la parte “dolce” dell’allegra famigliola, intenta a drogare la gente affinché aderiscano all’Eden’s Gate e ascoltino la parola di Joseph. Nel complesso comunque non ne fuoriesce nulla di sensato, la setta è solo una classica organizzazione religiosa estremista senza né capo né coda, e Joseph Seed nel complesso sembra solo la versione hipster e folle di Padre Comstock, una copia davvero brutta nonostante il look da scardinacagne. Poco fa vi parlavo degli espedienti narrativi insensati, tra questi ci sarà la ricorrenza di eventi periodici, in cui veniamo rapiti e drogati per avere un confronto con i nostri antagonisti ed approfondirne meglio l’identità. I rapimenti di Jacob sono scanditi dalle note di “Only You” creando una atmosfera suggestiva, poi sono accompagnati da delle prove a tempo, tuttavia sono di un fastidio tremendo insieme a quelli di John, perché non possiamo occuparci in nessun modo delle squadre di rapimento che ci danno la caccia e questa cosa mi ha seccato non poco. I rapimenti di Faith invece sono decisamente più sensati ed affascinanti, avverranno successivamente all’avvelenamento da Gaudio, un allucinogeno le cui piante abbondano in tutta la zona. Una nota di merito va al finale decisamente inaspettato (anche se me lo avevano s.poilerato) ed originale. Come già detto il grottesco è il leitmotiv del gioco, grottesco accompagnato da satira indiscriminata verso Trump, Obama, gli stereotipi americani sia per i conservatori guerrafondai che per i “progressisti effemminati”. Una sub quest in particolare mi ha fatto crepare dalle risate, quella del Festicolo, ma non ve la s.poilero per lasciarvi il piacere di scoprirla da soli. Complessivamente la narrativa è altalenante, non và presa sul serio e conviene farsi due risate chiudendo gli occhi su tutti i suoi limiti.

Un punto a favore del gioco è il comparto tecnico ed estetico. Tecnicamente abbiamo dei buoni modelli generali, delle ottime texture, un lavoro fenomenale fatto sull’illuminazione ed i particellari, animazioni decenti, una fisica spesso glitchata ma niente di tragico, ed un ottimo comparto sonoro, anche per quanto riguarda i pezzi musicali originali e non, davvero ben riusciti. Unica grande nota di demerito è il fatto che nel 2018 rilascino un gioco senza mixer del sonoro, il risultato è un disastro con voci, effetti e canzoni che compongono un minestrone inascoltabile a volte. Il comparto tecnico di buon livello fa da fondamenta per un comparto estetico sublime, che ci pone davanti ad un Montana letteralmente incantevole. Lussureggiante e splendente, rustico e rurale, il Montana è un trionfo foreste, montagne, fiumi e ruscelli, un tripudio di fauna e flora rigogliosi, una taiga immensa intervallata dai paesini e dalle strutture artificiali, dai ranch, dalle stazioni, dagli edifici storici e dalle abitazioni in stile coloniale, tutto è semplicemente una festa per gli occhi, davvero un lavoro impressionante.

In termini di gameplay ci troviamo davanti ad un fps open world, il nostro compito sarà indebolire la setta e liberare il Montana affiancati dalla resistenza locale. La mappa è divisa in 3 zone comandate dai fratelli di Joseph: la zona di Jacob è prevalentemente montuosa, quella di John invece è il cuore cittadino del posto e quella di Faith è un ibrido. Per indebolire i generali del Padre dovremo aiutare civili, liberare avamposti, svolgere incarichi principali e secondari e distruggere le proprietà della setta. Man mano che compieremo queste azioni guadagneremo punti resistenza ed arrivati ad un tot potremo affrontare, in una boss fight dedicata, il capo della regione. Una volta sconfitti tutti potremo arrivare dal Padre in persona. Sarà possibile anche avere fino a due compagni nella nostra avventura, potremo reclutarli tra i soldati e i civili in giro per la mappa, oppure assoldare degli specialisti dopo aver svolto le relative quest. Ogni personaggio avrà le proprie abilità ma conviene sempre utilizzare gli specialisti. Questi si dividono in 3 categorie: gli umani, gli animali ed il supporto aereo (che una volta abbattuto e rianimato riavremo come compagni umani). I companion sono sensibili al fuoco amico e possono essere abbattuti e rianimati, quando si cambia specialista bisognerà aspettare 1 minuto per poterlo rischierare ma se dovesse rimetterci le penne bisognerà attendere molto di più. I compagni sono fondamentali perché per le principali morti in cui ci imbattiamo, tranne quelle da caduta o per esplosione, possiamo essere rianimati proprio da loro, ma anche in battaglia offriranno un prezioso contributo, alcuni più di altri che risultano invece inutilissimi. Svolgendo le varie attività otterremo anche dei punti spendibili in uno skill tree diviso per macrosezioni. Moltissime abilità non servono letteralmente a nulla, altre ci migliorano la vita, specialmente incrementare la salute sarà utile ma farà calare drasticamente la difficoltà che tuttavia non sarà mai eccessivamente bassa. Possiamo anche aumentare il numero di armi aggiungendo fondine e portando armi di vario tipo, dalle tradizionali bocche da fuoco, alle armi bianche, ad archi, lanciafiamme, mitragliatrici, fionde, lanciarazzi ecc. Inutile o quasi è il crafting, gestito davvero male e mai fondamentale, anche la caccia tra l’altro ha un peso decisamente poco rilevante. Sono disponibili diversi veicoli, sia in giro per la mappa sia acquistabili e richiamabili all’infinito e senza restrizioni negli avamposti. Ci sono barche, mezzi leggeri o pesanti e armati, caccia ed elicotteri e possiamo anche spostarci tramite tute alari e paracadute. Anche i companion possono guidare ma il risultato lascia spesso a desiderare, sarà meglio farlo da noi. Il sistema di guida è molto semplice ed intuitivo, molto arcade, controllare i veicoli è facile sia per quelli terrestri che quelli aerei, davvero ben riuscito. Lo stealth è molto grezzo e dozzinale, silenziare un’arma e giocare minimamente stealth rende dei One Man Army sbilanciando completamente il livello di sfida, tra l’altro mirare un nemico lo marcherà rendendolo visibile tra le pareti, con colpi perforanti e companion che spottano vi lascio solo immaginare. Non c’è molta varietà dei nemici, ci sono essenzialmente soldati semplici con armi da fuoco o bianche, cecchini, qualche soldato corazzato, eventualmente animali e umani drogati dal Gaudio, questi ultimi chiamati Angeli, sono praticamente degli zombie. La cosa penosa è la quantità di modelli per tipologia di nemici, si vedono due modelli in croce e la resa è oscena, capita di affrontare orde di avversari e vedere lo stesso barbone zotico ripetuto alla nausea, davvero un lavoro pessimo ed ingiustificabile. Da quel che so online si può giocare in Coop e gestire un editor dei livelli in una modalità arcade, ma non ho mai nemmeno sfiorato l’online dunque su questo non parlo.

Complessivamente il gioco risulta essere molto grezzo ciononostante mi va di premiarlo per la potenza estetica e comunque per avermi divertito per diverse ore facendomi ridere spesso, è da giocare senza pretese e consapevoli dei limiti che possiede, facendo così si riesce ad apprezzarlo. Liberare progressivamente il Montana è davvero appagante, se potete recuperarlo ormai a pochi spicci fatecelo un pensiero

DISCLAIMER: la recensione in merito alle meccaniche e NON AGLI EVENTI SPECIFICI contiene alcuni S POILER minori, cercherò di parlarvi nel dettaglio il meno possibile ciononostante è impossibile senza anticipare qualcosa, nel caso decidiate di leggere siete avvisati.

Volendo azzardare un paragone letterario mi verrebbe da dire che The Last of Us Parte II rappresenta un po' l’Iliade, in un universo invertito in cui il primo capitolo è l’Odissea. Se in passato è stato narrato il viaggio di Joel ed Ellie attraveso un’America post apocalittica, sopraffatta da una non troppo classica invasione di zombie a carattere fungino, ed è stata offerta una fotografia di quel mondo malato condita dal nascente legame dei protagonisti, in questa seconda incarnazione invece vediamo il conflitto tra le parti. Il fiume di sangue che si trascina per l’avventura viene drenato solo da rari momenti di umanità che caratterizzano un intreccio complesso, non perfetto a mio avviso, ma decisamente ambizioso ed intricato. È doveroso specificare come questo capitolo abbia un doppio protagonista, due storie tanto parallele quanto incidenti: da un lato abbiamo una Ellie diciannovenne, personaggio che abbiamo già imparato a conoscere e che in questo capitolo metterà in atto gli insegnamenti cruenti di quello che a tutti gli effetti è considerabile suo padre; sull’altro lato della medaglia troviamo Abby, soldato temprato da un trascorso traumatico e dalle battaglie per il Wlf, una fazione per certi versi simile alle Luci e che in passato è stata in lotta contro la FEDRA stessa per poi finire a combattere contro i Serafiti per il dominio di Seattle. I Serafiti sono una terza fazione composta da cultisti guidati dalla parola di un Oracolo e che vivono tra rituali e semplicità, ripudiando i lasciti del vecchio mondo.

Se i protagonisti sono duplici, ad essere sdoppiato è anche il filo della narrazione stessa: da un lato assistiamo al conflitto tra Wlf e Serafiti per la spartizione di un pezzo di terra sterile, “War Never Changes” per citare qualcuno, dall’altro vivremo il purgatorio di Ellie ed Abby, in lotta con i fantasmi del passato e con le debolezze umane in un circolo di peccato e redenzione, di vita e morte, di passione ed odio. La qualità narrativa è elevata al punto che il turbine di emozioni che devasta i protagonisti sarà scaraventato direttamente nel cuore del giocatore, giocatore che vivrà sulla sua pelle tutto il dolore, l’odio ed i desideri sadici delle controparti digitali. L’intreccio purtroppo presenta, a mio avviso, un problema con i tempi: togliendo le parti introduttive e conclusive ci ritroveremo un corpo centrale spaccato in 2 macrosezioni divise in 3 capitoli a testa, una sezione per Ellie ed una per Abby. Quando la storia di Ellie raggiunge il Climax, in una scena di tensione magistrale, la narrazione si interrompe per ricominciare con Abby. La deriva anticlimatica che ne segue mi ha portato a rimanere con la testa da Ellie per 2/3 della sezione di Abby. Tutte quelle ore, e fidatevi non sono poche, non sono riuscito ad apprezzarle pienamente, non fin quando i pezzi non sono tornati a combaciare ed è davvero un grandissimo peccato, sono sicuro che alternare i capitoli di Ellie ed Abby avrebbe conferito dei ritmi decisamente più apprezzabili senza smorzare drasticamente il climax. Non voglio dire che la parte di Abby sia brutta, per carità, ma davvero l’ho sentita superflua e addirittura fastidiosa per il modo in cui è stata proposta e questo è secondo me il più grande difetto del gioco. Tolto ciò, l’intreccio scorre bene con dei flashback molto toccanti ad accompagnare ed un sacco di riferimenti al titolo precedente. Arrivato a fine avventura, dopo un lungo calvario catartico, il giocatore è svuotato come i protagonisti, e riguardandosi indietro ci si chiede quale sia stato il senso delle nostre orme insanguinate, il punto centrale dove Naughty Dog cerca di portarci per tutto il tempo. The Last of Us Parte II è un gioco che cerca di tracciare un percorso all’interno del labirinto di follia dell’essere umano, ci pone davanti a dei conflitti insensati che nessuno giustifica ma per cui tutti proviamo empatia, arrivando a comprenderli e chiedendoci per primi cosa avremmo fatto, senza necessariamente giungere ad una conclusione appagante in questo inferno di interrogativi. Il fatto che non tutti i personaggi siano approfonditi a sufficienza non è un problema, i protagonisti non sono gli attori, a differenza del predecessore, i soggetti sono solo vettori di dissidi e sensazioni, è ciò che viviamo attraverso loro il vero protagonista.
La lore e la storia degli ambienti viene approfonditamente narrata attraverso lettere, messaggi e testimonianze dei cadaveri freddi che incontriamo sul percorso, il tutto scritto in maniera eccelsa. Una piccola precisazione va su una caratteristica che ho poco apprezzato ma che per alcuni è stato addirittura motivo d’odio (ingiustificato secondo me). Tutto il gioco sembra essere un ricettacolo di messaggi sociali e lotta per le minoranze, troviamo davvero di tutto: LGBT, personaggi femminili con caratteristiche maschili (la stessa Abby ha fattezze praticamente maschili ed innaturali per una donna che non assume anabolizzanti), personaggi femminili in sovrabbondanza che in tante sezioni sono uniche protagoniste della scena. A me tutto ciò non è pesato anzi, non riesco a concepire come ci si possa scandalizzare per questo nel 2020, il problema è che il minestrone di lotte sociali è così grande e pressante da dare un senso di forzatura, un po' come Netflix che cerca di inserire la minoranza di turno all’interno di ogni suo prodotto. Ripeto, a me tutto ciò non ha fatto né caldo né freddo, però diciamocelo, all’interno della narrativa letteraria, videoludica e cinematografica, c’è ancora il prevalere di certi cliché: se vediamo una schiera di nemici unicamente maschili non ci scandalizziamo o gridiamo al maschilismo, sono solo cliché, se però vediamo 3/4 di avversari donne, subito dopo matriarche, subito dopo discriminazione verso i trans (ovviamente il gioco non si macchia di tale atto, ne è solo esemplificativo), subito dopo scene lesbo, successivamente donne più palestrate degli uomini, dopo ancora conversazioni alla “girl power”, ecco tutto ciò insieme ed incessantemente mi dà semplicemente l’idea di una forzatura e del voler far passare dei messaggi sociali a tutti i costi, che ci sta anche bene per carità, storpia semplicemente per la mole esagerata ed artificiosa.

A livello meramente tecnico il titolo è splendido: i modelli, le animazioni (salvo rarissimi casi), le texture e l’illuminazione sono al top, i particellari non fanno gridare al miracolo per qualità e quantità ma vanno benissimo, di bug ne avrò visti 2 in tutta la durata ed il frame rate si mantiene stabile, le uniche note stonate sono i tempi del caricamento iniziale e la dissipazione, che almeno su ps4 standard fa impazzire le ventole. L’estetica complessiva è sublime così come il sonoro, lo definirei quasi inarrivabile, ma d’altronde era quello che ci si aspettava dal seguito del non plus ultra tecnico della scorsa generazione su console. Splendida la regia delle cutscenes e dei combattimenti, sia quelli regolari che quelli scriptati con i qte.

Il gameplay presenta la solidissima base del predecessore: ci troviamo davanti un survival horror impostato come un tps forte di una enorme componente stealth. Pur non essendo difficile di per sé risulta molto impegnativo, l’IA dei nemici è a dir poco pionieristica, con personaggi che eseguono ronde intelligenti e capaci di accerchiarci o farci esporre eccessivamente, ed una mira istantanea ed infallibile, forse un pelino troppo, che ci porterà a preferire lo stealth ragionato, anche a causa di una complessiva scarsità di risorse. A differenza del primo capitolo lo stealth riceve l’aggiunta della posa da sdraiati, un po' alla metal gear, che ci permetterà di nasconderci meglio tra la vegetazione e nei cunicoli stretti, tuttavia l’IA reattiva dei nemici renderà le infiltrazioni molto faticose, solitamente i nemici ci rilevano con una buona facilità e quando ciò sta per accadere riceveremo un avviso acustico per renderci conto del pericolo ed agire in fretta. Ovviamente non manca il classico sistema di “udito” per rilevare la posizione degli avversari così come i mattoni o le bottiglie per confonderli o colpirli. Gli infetti sono gli stessi del precedessore più un paio di aggiunte non molto originali ma che comunque non vi spoilero, per quanto riguarda gli umani invece abbiamo una leggerissima deriva alla Uncharted, progressivamente infatti i nemici saranno più corazzati e difficili da abbattere, niente di esagerato comunque visto che non avremo fiumi di proiettili da sfruttare. Ci saranno anche dei simpatici cagnoloni che come al solito ci daranno filo da torcere e che ci tracceranno tramite la scia di odori visualizzabile a schermo, comunque non una meccanica riuscitissima, i cani infatti sono più che altro delle macchiette facilmente eliminabili. Il repertorio di armi cambia in base al personaggio che stiamo utilizzando, ce ne sono tante ma nessuna che svetti particolarmente sulle altre, in ogni caso c’è un buon bilanciamento tra la potenza delle armi e le munizioni rinvenibili o craftabili. Le bocche da fuoco possono anche essere potenziate selettivamente presso i banchi da lavoro. Il crafting è un elemento fondamentale, ci sono più oggetti da craftare rispetto al primo TLOU ed il tutto dipenderà anche dalle abilità che scegliamo di apprendere. Nel gioco infatti troveremo riviste ed integratori cumulabili che permetteranno di sbloccare ed acquisire perk differenti per i 2 personaggi, senza che ci sia uno sbilanciamento di efficacia a favore di uno dei due. Ci sono anche un paio di boss fight, una in particolare molto riuscita.

Volendo tirare le somme il gioco si presenta come la naturale evoluzione del predecessore, sia sotto il profilo del gameplay che del lato tecnico, e complessivamente propone un’esperienza ben riuscita, bilanciata ed impegnativa ma non frustrante o particolarmente ostica. Narrativamente invece si distacca dal viaggio di Joel ed Ellie, per toccare tematiche differenti ed esplodere in un tripudio di pathos di altissimo livello. Se non fosse per la scelta narrativa di dividere nettamente i blocchi di Ellie ed Abby, e la deriva anticlimatica conseguente che porta ad apprezzare meno le diverse ore di Abby, lo definirei perfetto, tuttavia mentirei se dicessi di preferirlo al capitolo originale ma questa è solo una mia preferenza.

V has come to
DISCLAIMER: Il voto che ho assegnato si basa SOLO sul mio soggettivo gradimento personale. Cyberpunk non è un gioco perfetto, cercherò di descriverlo dettagliatamente in questa recensione, ciò nonostante l’ho apprezzato a dismisura e, visto che non sto scrivendo per nessuna testata ma solo per avere una sorta di diario videoludico personale, mi sento di assegnare questo perfect score per comunicare quanto mi sia piaciuto.

È difficile trovare le parole per cominciare questa recensione, voglio precisare che sono un fan sfegatato di The Witcher 3, quindi aspettavo Cyberpunk per ritrovarmi un’esperienza simile, non per avere il “gioco definitivo dove si può fare tutto, è meglio della vita vera omg omg”. Non parlerò quindi di aspettative e realtà, né tantomeno dei problemi tecnici delle versioni console avendolo giocato su pc.

Parto dal meglio che il gioco offre: tutto il comparto narrativo. Non mi piace anticipare la trama nelle recensioni, dirò soltanto che vestiremo nei panni di un mercenario che si ritroverà come ospite nel proprio corpo un secondo individuo, Johnny Silverhand (Keanu Reeves). Il tutto prende luogo in un’ucronia che si ricollega anche ai giorni nostri e che ci pone davanti un mondo decadente, dilaniato dalle guerre, in cui la legge di riferimento è quella delle grandi Corporazioni, lo stato non rappresenta più un’istituzione ed il codice legislativo è sostituto dalla legge del taglione. A dominare le scene ci sono gang, mercenari, fixer (intermediari che propongono contratti ai mercenari), corporativi ed una polizia corrotta e praticamente inutile. Ci troviamo a Night City, città che dovrebbe simboleggiare il sogno americano ma che a conti fatti è solo il quadro di uno spaccato socio-economico dilaniante e criminoso.

All’inizio dell’avventura potremmo scegliere la nostra origine tra 3 opzioni: la prima via è quella del nomade, i nomadi sono persone appartenenti a clan che, per sfuggire al giogo delle corporazioni, vivono nelle strade deserte dell’America svolgendo lavori qua e là. La seconda opzione è quella della vita di strada, in tal caso ci ritroviamo un personaggio nato e cresciuto a Night City, ben conscio della realtà che lo circonda; l’ultima via per concludere è quella del passato da corporativo. La scelta delle nostre origini influirà sulla parte iniziale dell’avventura e ci concederà molto spesso una speciale linea di dialogo tuttavia non ha impatti significativi nell’incedere. L’editor del personaggio è mediocre, nulla che faccia gridare al miracolo ma c’è di peggio, è ben noto ormai come sia possibile scegliere dettagli decisamente futili, come i genitali e le caratteristiche in questione, ma tali scelte non influiscono granché.

A livello narrativo vengono affrontati tanti temi molto maturi, il transumanesimo, i problemi dell’iperdigitalizzazione e dell’ipercapitalismo sono solo la punta dell’iceberg, tra secondarie e primarie avremo tematiche di ogni tipo: depressione, lutto, fetish, complottismo, psicosi e quant’altro. Le scelte che compieremo cambieranno il corso delle quest tuttavia saranno relativamente poco impattanti sui possibili finali che resteranno tutti accessibili con differenze sulle romance e sui titoli di coda in cui rivedremo quasi tutti i personaggi importanti con cui abbiamo interagito. Seppur relativamente poco impattanti, la qualità dei dialoghi, il loro effetto sulle singole quest e la mole abnorme di scelte, più i tantissimi eventi scriptati durante le conversazioni, conferiscono una potenza narrativa al titolo così grande da avere ben pochi rivali. Mi sono innamorato di ogni singolo personaggio, di ogni singola sub e main quest, a fine gioco ho avuto uno stato di tensione enorme perché non sapevo esattamente cosa aspettarmi dai vari finali ed avevo paura di compiere le scelte sbagliate, sotto questo punto di vista Cyberpunk dà il meglio di sé e, per quello che mi riguarda, è una di quelle avventure che ti segnano indelebilmente.

Passando al lato tecnico qui c’è un bel discorsone da fare. Come già detto la mia è la versione pc dunque parlerò nel merito di questa; il gioco è pesantissimo, i modelli sono mediocri, le texture pure e nemmeno i particellari fanno gridare al miracolo. Quello che lascia sbalordito è la mole di npc ed elementi a schermo, credo davvero che non ci sia paragone con nessun altro gioco. Il titolo soffre di una quantità di bug imbarazzante, solitamente i bug non mi danno particolarmente fastidio ma in questo caso sono stati così frequenti da portarmi a ricaricare la partita un miliardo di volte, questo è un problema che auspicabilmente verrà risolto ma ora come ora vi consiglierei di aspettare a giocarlo anche su pc. Discorso ambiguo per l’illuminazione: non ho provato il raytracing ovviamente dunque su questo non mi esprimo, per quanto riguarda l’illuminazione standard mi sono ritrovato molto spesso scene di alto contrasto, specialmente di giorno, davvero mal gestite, con luci sovraesposte e in molti casi bruciate che rendevano difficile la visualizzazione, specialmente con alcuni mirini telescopici, buono invece il comportamento delle ombre.

A livello estetico invece la direzione è sublime: Night City è bellissima da vedere, molto variegata e piena di bancarelle, edifici e locali tematici con dei concept geniali. Di grandissima qualità è la colonna sonora, sia per i pezzi originali che non, più le tracce dei Samurai, la band di Silverhand, ad animare il tutto.

Adesso iniziamo un po' a parlare del gameplay, il discorso sarà lungo e sicuramente dimenticherò tanto tuttavia ci provo.

Iniziamo col dire che ci troviamo davanti ad un action rpg impostato come un fps parametrico. Ci sono sia bocche da fuoco che armi bianche. Le armi a distanza si dividono in tradizionali, tecnologiche e smart. Nelle armi tradizionali, come suggerisce il nome, rientrano tutti i fucili, le pistole e le mitragliatrici a polvere da sparo, con capacità di rimbalzo dei proiettili sulle superfici ed efficaci contro gli umani con pochi impianti. Le armi tecnologiche invece, possono essere caricate ed i colpi sono capaci di perforare le superfici. Le armi smart invece posseggono un modulo di ricerca automatica del bersaglio, sono meno potenti ma allo stesso tempo possono essere utilissime nelle situazioni in cui fronteggiamo senza riparo diversi nemici o contro gli avversari che si barricano dietro delle protezioni. Passando invece alle armi bianche abbiamo sia lame che armi contundenti. Questa categoria di armi, in particolare le lame, è la più rotta del gioco: potenziando i relativi rami dello skill tree ed installando mod che aumentano la frequenza dei colpi critici, possono essere trasformate in macchine della morte capaci di shottare o quasi i nemici, e di stunnare e distruggere i boss, sono pericolose da utilizzare solo contro alcuni nemici automatizzati che esplodono una volta sconfitti e chiaramente ci costringono a giocare in maniera più azzardata, sfruttando pienamente i ripari e le schivate, che consumano stamina (ma che con abilità e cyberware possono guadagnare effetti speciali).

Prima di entrare nel dettaglio della componente ruolistica vorrei parlare di difficoltà ed IA. Che l’IA di questo gioco sia imbarazzante se ne sta parlando ovunque. Il grado di difficoltà tra l’altro non è alto anzi. Il mio consiglio per goderselo a pieno è quello di giocare direttamente alla massima difficoltà, un po' come in The Witcher. Questo costringerà ad adottare un approccio più strategico ed avere la vita difficile almeno ad inizio gioco. L’IA è abbastanza stupida, diciamo che la cosa risalta più con gli npc incontrati nella mappa ma anche nei combattimenti, tuttavia per quel che mi riguarda il genere degli fps non ha mai avuto nella media delle IA fini e che facciano in qualche modo pentire al giocatore di aver messo mani sul titolo, siamo nello standard del genere o poco sotto, nulla di catastrofico se appunto compensate aumentando la difficoltà. La difficoltà proprio come in The Witcher è anche relativa alle singole missioni, tuttavia in quel caso meglio non esagerare perché se andate sottolivellati a svolgere un incarico che richiede di scontrarvi contro i nemici, rischiate di essere shottati al minimo errore.

Parlando adesso della componente ruolistica: il gioco si articola tramite uno skill tree con abilità separate, delle sottosezioni con i rami delle singole abilità, con i cyberware che sarebbero le mod per il giocatore o meglio gli innesti tecnologici che il giocatore decide di installare, le mod per le armi ed i pezzi di vestiario, ed infine un sistema di crafting.

Lo skill tree come già detto possiede delle macro abilità la cui acquisizione influirà innanzitutto sbloccando le categorie sottostanti, in secondo luogo ci permetterà di aprire porte o shortcut (caratteristica molto frequente ma non sfruttata pienamente) ed infine ci darà tante opzioni di dialogo e in molti casi ci fornirà delle scorciatoie per le quest. Diciamo che il sistema assomiglia molto agli SPECIAL di Fallout 4, con la differenza che ogni livello acquisito ci darà 2 punti separati, uno da spendere nel ramo principale e l’altro nel sottoramo ed in più a differenza di Fallout i dialoghi sbloccati saranno decisamente molto più frequenti.

I Cyberware invece vanno comprati dai Bisturi, ovvero i medici che si occupano di impiantarceli, sono divisi per categorie anatomiche e sottocategorie, ogni parte del corpo ha un numero fisso di Cyberware equipaggiabili e non possono aggiungersene contemporaneamente 2 della stessa sottocategoria. Alcuni sono davvero utili, quelli per le braccia forniscono armi aggiuntive, quelli per le gambe aggiungono salti potenziati facendo sviluppare il gioco in verticale ed aggiungendo numerose strade tattiche, altri modificano solo i parametri ed altri ancora sono decisamente poco utili. Per equipaggiare un Cyberware sono richieste determinate caratteristiche, sia in termini di abilità sia in termini di livello e Reputazione, un parametro a sé stante che sale svolgendo quest fino ad un massimo di livello 50. Ogni Bisturi inoltre vende un proprio set di Cyberware quindi andrebbero visitati tutti per trovare la configurazione migliore. Una categoria interessante di Cyberware è quella del Sistema Operativo, mod che ci permetterà di aggiungere RAM e skill per l’hacking di cui parlerò tra poco.

Il Crafting infine è abbastanza semplice: i pezzi di equipaggiamento che troviamo possono essere smontati per acquisire materiali, acquistabili anche nei vari negozi per prezzi ragionevoli. Man mano sbloccheremo nuovi progetti e potremo upgradare i pezzi rari che troviamo (ogni item ha vari gradi di rarità), in più possiamo anche potenziare gli item ma visti i costi onerosi in termini di materiali e i vantaggi scarni in termini di dps o protezione, questa è una pratica mal implementata che sconsiglio fortemente. Anche il Crafting ovviamente ha una propria sezione nello skill tree e possiamo sbloccare varie abilità che ne aumentano decisamente l’efficacia, portando alla creazione di mod che ci permettono di settare una build potentissima. I mod vanno installati nelle armi o armature che posseggono degli slot (scegliete sempre l’armatura con più slot disponibili) e permettono di innalzare le statistiche a livelli altissimi, i migliori sono secondo me quelli che influenzano i colpi critici delle armi, infatti accumulando mod che ne aumentano la frequenza riusciremo a rifilare un quantitativo di colpi critici che porterà i dps a vincere la lotteria.

Parlando dell’hacking ci sono diverse abilità equipaggiabili appunto dal sistema operativo, il cyberware apposito. La RAM è la “stamina” dell’hacking ed è influenzata per quantità dal cyberware relativo, e per qualità dalle abilità dedicate. La “Violazione Protocollo” è un’operazione che non richiede RAM e permette di trovare un codice in una matrice, una volta fatto otterremo vari vantaggi, da semplici materiali ad un costo minore di RAM per hackerare i nemici presenti. Delle diverse abilità di hacking (con un sistema alla Watch Dogs che permette anche di vedere il nome degli npc) purtroppo molte sono inutili ma altre fanno decisamente comodo, specialmente alle difficoltà più alte e durante lo stealth. Lo stealth oltre ad essere un modo facile per risolvere molte situazioni e una via preferenziale per molti giocatori, permette anche di ottenere dei bonus durante la risoluzione di alcuni contratti come quelli di furto o sabotaggio. Lo stealth vede una simbiosi tra abilità di furtività e hacking, tuttavia l’IA deficitaria degli npc lo rende molto facile e la vera difficoltà starà solo nel prestare attenzione a tutti i sistemi di sorveglianza e a studiare bene lo scenario.

Tra le altre meccaniche di gioco abbiamo delle fasi di investigazione che culminano con l’utilizzo delle Braindance. Le Braindance sono video in soggettiva, alternabile ad una visuale investigativa, in cui lo spettatore prova le stesse emozioni dell’attore. In termini di narrativa potete solo immaginare tutte le soluzioni e i problemi etici che ne derivano, molte quest sono influenzate dalle Braindance, un paio di quest in particolare che non vi spoilero rientrano nell’ambito delle XBD ovvero le estreme aprendo tutta una questione etica sul mercato nero e sulle perversioni. In termini di gameplay le Braindance permettono di investigare ciò che accade attorno all’attore, analizzando indizi acustici, visivi e termici.

Passando al sistema di guida: abbiamo davanti un sistema di guida puramente arcade con delle collisioni inguardabili ed un motore fisico a dir poco surreale. Per le collisioni c’è poco da dire, sono brutte e basta. Per il sistema di guida inizialmente sarà un trauma ma facendo pratica e capendo la maniera istantanea con cui i comandi reagiscono, si inizierà a padroneggiarlo rendendo la guida davvero facile, peccato che questa sia condizionata dall’assenza di un indicatore sulla strada (presente solo sulla minimappa) che ci faccia capire dove stiamo andando, elemento che ci porterà spesso a vedere una curva all’ultimo secondo e a deragliare. Tale indicatore è presente durante le sub quest delle gare clandestine ma non lo è durante la normale navigazione, probabilmente verrà aggiunto in futuro così come la possibilità di customizzare le auto. Le auto infatti sono acquistabili dai fixer man mano che progrediamo nel gioco, tuttavia non possono essere customizzate, assenza che toglie profondità al gameplay seppur nel mio caso non tragica. Sono sicuro che in futuro tutto ciò arriverà ma per ora nada. Le auto acquistate possono essere facilmente richiamate a sé, stile Rutilia, ed arriveranno grazie ad un sistema di pilota automatico in fase beta.

Per le attività abbiamo essenzialmente: Main Quest, Sub quest sbloccabili progredendo nella storia o come incontri casuali presegnalati con un punto interrogativo sulla mappa, contratti da mercenario rifilati dai Fixer e negozi di vario tipo in cui purtroppo possiamo solo acquistare gli oggetti, proprio come in The Witcher 3, senza però avere delle animazioni scriptate, che si hanno però nelle varie quest e che avrebbero aggiunto immersività al gameplay. Night City è stracolma di Npc ma purtroppo sembrano tutte marionette, chi si aspettava un nuovo Red Dead Redemption 2 rimarrà deluso, non c’è quel livello di immersività. Per me non è un problema, siamo perfettamente in linea con gli standard del genere, tuttavia molti cercavano proprio questo in Cyberpunk e mi viene da dire semplicemente “lasciate stare”. Per mole di quest invece siamo a livelli altissimi, dubito vi annoierete mai con tutto questo ben di dio, al punto che personalmente ho messo in secondo luogo la main quest per dedicarmi alle eccelse secondarie, cosa che solitamente non faccio mai alla prima run. Abbiamo inoltre una serie di sub quest, 17 per la precisione, incentrate sulla lotta ai Cyberpsicopatici, dei boss con un preciso background spiegato dai vari shard che dovremo trovare dopo essercene occupati. I boss hanno una lore e dei concept fighissimi e anche diversi espedienti di gameplay tuttavia non ci sono scontri realmente memorabili, non nei casi di Cyberpsicosi almeno, nella main quest invece ci sono un paio di boss davvero davvero belli, uno in particolare irrompe con una regia e una potenza estetica impressionante.

Sicuramente avrò tralasciato qualcosa ma credo che il succo sia questo. Ho voluto parlare in maniera approfondita per mettere a nudo il titolo che, di difetti ne ha eccome. Molti giocatori non lo apprezzeranno, molti lo odieranno addirittura ma personalmente, nonostante i tanti difetti e nonostante una situazione tecnica disastrosa, credo che i pregi compensino pienamente il tutto e quindi assegno questo 10/10, non perché sia un gioco perfetto ma perché personalmente mi ha preso come pochi, ho argomentato a sufficienza ogni singola meccanica dunque mi riservo la parzialità almeno nel voto, che è la cosa più superficiale. Finire il gioco mi ha lasciato un vuoto e malinconia, è un titolo che mi è rimasto nel cuore e che rigiocherò molto in futuro, ma per il momento aspetto volentieri delle patch che limitino il numero spropositato di bug, delle implementazioni di meccaniche mancanti, ed eventualmente delle espansioni. Se siete come me fan sfegatati di The Witcher compratelo ad occhi chiusi, avrete decine di ore di goduria, se al contrario nutrite delle perplessità in merito alle meccaniche elencate aspettate a giocarlo, così magari lo sistemano un po' e propongono dei contenuti interessanti.

EDIT: passati diversi mesi la mia opinione sul gioco rimane la stessa, continuo ad amarlo, tuttavia voglio modificare il voto che in un primo momento è stato dettato dalla voglia di esprimere il mio apprezzamento in chiave iperbolica e di salvare la media di un titolo che per mille motivi è stato demolito, legittimamente o meno, ma di sicuro con eccesso a causa della classica camera di risonanza internettiana

Recensione sulla remastered, NON SUL GIOCO in versione pc, voto originale 6 e mezzo

Solitamente quando gioco una remastered o un remake non avendo esperienza del titolo originale vado a recensire tutta l'esperienza. Dato che non è questo il caso e dato che non sono un professionista dunque scrivo questa recensione solo come diario, vado a parlare brevemente della remasterd come tale non trattando il gioco in sè che è uno dei titoli che più amo in assoluto e per cui forse prima o poi scriverò una recensione bella densa. La remastered fa il compitino ma non va a toccare delle meccaniche che potevano decisamente essere semplificate: è stato abilitato l'uso simultaneo di più copie dello stesso item ma tutti i difetti strutturali dei menù di dark souls sono rimasti inalterati così come i comandi macchinosissimi di alcune feature, nonostante nei sequel, sopratutto ds3, fossero stati cambiati. A livello tecnico su pc non penso ci sia molta differenza con un dark souls standard+ ds fix, nel titolo originale gli fps erano bloccati senza mod ma i 60 fps su pc non sono di certo un merito della produzione, quanto piuttosto erano un demerito i 30 del titolo originale. I cali di frame ci sono ancora, più sporadici ma presenti, i settaggi sono poco customizzabili e a livello estetico il titolo è sulla falsa riga dell'originale. Un punto a favore per il fatto che sia molto leggero e giri con un buon frame rate ed eventualmente in 4k anche su configurazioni non proprio nuovissime tuttavia il lavoro svolto secondo me è insufficiente e non merita di essere acquistato per i possessori dell'opera originale, consigliato invece ai novizi che non devono più mettersi ad usare lo stesso item un miliardo di volte

PREMESSA: non ho giocato l'originale dunque parlerò di questo come standalone. "Mafia" come titolo è estremamente esplicativo, in questo gioco ricopriremo i panni di Thomas Angelo, uno sgherro al servizio di un boss mafioso nella città fittizia di Lost Heaven. L'incipit è uno dei più stupidi che possa esserci: un tassista che non ha mai nemmeno impugnato una pistola si ritrova coinvolto per sbaglio in una lotta tra mafiosi. Il nostro Thommy inizialmente è timoroso, si rifiuta di entrare nel giogo della malavita ma per un evento abbastanza banale (gli sfasciano il taxi) dimentica tutte le sue paure e non ci pensa due volte ad unirsi al boss che aveva aiutato nella lotta precedente. E così passa dai taxi ai ferri, si rivela essere una autentica macchina della morte, mandato a svolgere da solo gli incarichi più assurdi ed estremi, falciando uno ad uno tutti i nemici del Boss Salieri. Come faccia un tassista senza esperienza militare o in ambito mafioso a diventare nel giro di nulla un angelo della morte non c'è dato saperlo, ma facciamocelo andare bene. L'incedere procede sulla falsa riga di tutti i classici film sul crimine organizzato, stracolmo di clichè e abbastanza prevedibile tuttavia non è un male, non credo che l'intento di Mafia fosse innovare un ambito del genere ma piuttosto proporre un'esperienza tipicamente cinematografica in salsa videoludica e ci riesce decisamente bene. Geniale è secondo me l'idea si separare, tramite due diverse modalità, la componente di story telling con quella free roaming, evitando dunque la classica dispersione che giochi di questo tipo causano e facendo concentrare il giocatore sulla narrazione che fila liscia per diverse ore, terminando prima di diventare stucchevole. In termini di gameplay abbiamo principalmente le fasi di sparatoria e le fasi in auto. Il gunplay è estremamente limitato: 2 o 3 armi in croce, niente skills o perk particolari, la componente corpo a corpo è striminzita e in generale vige una certa ripetitività che sarebbe stata straziante se il gioco non fosse stato così indirizzato sulla narrativa. Le fasi in auto sono decisamente meglio riuscite: abbiamo un sistema di guida particolarmente pesante e che necessita attenzione, non lo definirei simulativo ovviamente ma per gli standard del genere in questione direi che forse è un termine azzeccato. Lost Heaven non si presenta particolarmente grande anzi, la città ricorda la New York degli anni 30 tuttavia non spicca di certo per fascino o bellezza, ne risulta densa o viva, decisamente poco memorabile. Il comparto tecnico è ambiguo: da un lato abbiamo degli ottimi modelli, una fantastica illuminazione, buone animazioni e particellari nonché una buona regia nelle cutscenes; dall'altro abbiamo delle texture abominevoli, roba da 7 gen agli albori e una gradazione colore tendente al monocromo, asfissiante e poco riuscita. Dato che si parla di un titolo prettamente narrativo posso dire che il suo punto forte è quello di offrire una storia di mafia classica e decisamente piacevole tuttavia c'è un grave difetto di coerenza, con una scrittura che spesso risulta essere davvero poco plausibile. Un altro grave difetto è il protagonista: Thommy è il classico "bravo ragazzo" dal carattere mite e gentile, anche misericordioso oserei dire, tuttavia questo suo carattere devoto, leale e mansueto va in piena contraddizione con le sue azioni, un secondo prima sorride gentile alla moglie o agli amici, quello dopo va a fare strage di innocenti e poi torna a casa dalla famiglia come se niente fosse. Se alcuni possono vedere in questo il quadro di un perfetto psicopatico io invece ci vedo solo un personaggio mal scritto che tenta di mettere il giocatore nei panni della malavita senza farlo sentire troppo una carogna. In soldoni il gioco è piacevole da giocare per carità tuttavia non è un titolo destinato a rimanere negli annali, ciononostante se siete fan del padrino e compagnia bella vi consiglio di dargli almeno una chance