Concept interessante ma estremamente caotico, nessuna delle due parti (Bullet Hell e simulatore di fattorie) riceve la giusta attenzione e rende il gioco una via di mezzo piacevole ma sconclusionata.

Nella maggior parte dei casi fareste meglio a giocare a Enter The Gungeon piuttosto che atomicrops

This review contains spoilers

Ha un suo charme e fascino, ma non rispetta minimamente l'intelligenza del giocatore.

Per catturare alcuni dei bugsnack più rari bisognerà ingegnarsi non poco combinando diversi attrezzi e idee, ma ogni volta che bisognerà risolvere un "puzzle" questo verrà spiegato per filo e per segno.

Inoltre è un peccato che, dopo il finale, non sia possibile continuare a giocare per catturare i bugsnax.

Estetica sopraffina sprecata su un gameplay e un level design estremamente piatti e ripetitivi.

Hiroki è un giovane samurai il cui compito è difendere il proprio villaggio dai briganti. Per farlo affronterà un viaggio nello Yomi, la terra dei morti.

La trama è piuttosto elementare e rivista, ma la cura dei dettagli nell'estetica, la presentazione audio-visiva e nella lore presente nei collezionabili dimostra un grande amore per la fonte.

Peccato che per la maggior parte del tempo il giocatore si limiterà a muoversi in avanti e ad usare la stessa combo, anche in modalità ronin la più difficile selezionabile come prima run, contro ogni nemico. Occasionalmente provano a cambiare aggiungendo qualche nemico un minimo diverso o un setpiece in cui bisogna fuggire a tempo da un luogo pronto ad esplodere, ma è troppo poco nell'economia totale del gioco.

Con qualche puzzle in più e magari più complessi di quelli attuali, o un sistema di punteggi che invogli a variare combo invece di usare le più forti (e semplici) il gioco avrebbe potuto essere una piccola perla. Invece è un potenziale realizzato solo a metà. Consiglio di giocarci alla difficoltà normale o semplice per godersi l'ambientazione e la trama, perché il gameplay lascia a desiderare.

Carino roguelike shootemup con qualche problema di ottimizzazione.
Poca varietà di nemici e di stanze, specie dal punto di vista estetico. Il gameplay loop però è abbastanza buono per resistere qualche decina di ore.

Non acquisterei a prezzo pieno, ma tramite gamepass è un giochino promosso.

Il miglior complimento che posso fare a Star Wars Jedi: Fallen Order è che riesce a catturare perfettamente lo spirito di Star Wars.

Viaggi interplanetari, pianeti da esplorare, un discreto sistema di combattimento con la spada laser che integra bene i poteri della forza. Una trama davvero stupida e dei personaggi caratterizzati alla buona, proprio come i film.

Il gameplay, per quanto basilare sotto molti aspetti, riesce a resistere per tutte le 10/15 ore circa di gioco grazie alla presenza di poteri che verranno sbloccati a poco a poco durante tutta l'avventura e all'alternanza di fasi di combattimento ai puzzle, all'esplorazione fino ad arrivare ai set pieces cinematografici alla Uncharted.

Peccato per tutto il backtracking tra i soli 4 pianeti presenti. Ogni volta che sbloccheremo un potenziamento bisognerà andare dal pianeta A a quello B per poi rifarsi tutto il mondo fino alla parte dove ci si era bloccati e così via. Avrei preferito più varietà di mondi autoconclusivi e brevi. Oppure un sistema di fast travel tra i punti di meditazione.
Credo che qui ci sia l'influenza di Dark Souls e la pessima convinzione che il levare il viaggio rapido e mettere due shortcut renda istantaneamente migliore il level design di una zona.

Non sono per niente d'accordo e ho mal sopportato il dover tornare quattro volte sul pianeta iniziale, rifarmelo tutto, solo per poter proseguire di 10 metri e andare su un altro pianeta.


Shooter 2D divertente e con una discreta varietà di armi, situazioni e opzioni aggiuntive.

Il protagonista senza nome cerca vendetta, aiutato dalla banana pedro, verso un cannibale che ha tentato di sminuzzarlo. Con questo obiettivo procederà ad uccidere una caterva di persone più o meno cattive.

Il bello del gioco sta nell'imparare ad usare i vari strumenti messi a disposizione per riuscire a muoversi agilmente da un combattimento all'altro facendo più punti possibile. Il tutto utilizzando lo slow-motion, la capacità di schivare automaticamente i colpi avversari (a patto di perdere precisione) e l'abilità dell'uomo mascherato di saltellare un po' ovunque.

Il gioco per quanto si basi sempre su queste tre meccaniche (Slow-mo, dodge, shooting) è caratterizzato da un gran level design che permette di provare sempre cose nuove e sequenze ai limiti del puzzle game.

La brevità del gioco è mitigata dall'alta rigiocabilità derivata anche dai modificatori sbloccabili in run successive.

Incredibilmente carismatico Death's Door è un breve, ma inteso, gioco d'avventura che ci vedrà vestire i panni d'un corvo incaricato di raccogliere le anime per traghettarle verso l'aldilà.

Il gameplay è abbastanza semplice, un tasto per gli attacchi veloci, uno per quelli caricati, un roll e un insieme di poteri che si andranno a sbloccare durante il gioco che hanno utilità sia nel combattimento che nell'esplorazione dei livelli.

Le ispirazioni del titolo sono molteplici: C'è un po' di zelda, di Dark Souls, dello Studio Ghibli nel design di alcuni personaggi.
Il tutto però con una propria identità ben definita e sempre incredibilmente carismatica. Colonna sonora, estetica, humor, personaggi: questi sono i punti di forza di Death's Door che, nonostante non faccia nulla di sconvolgentemente nuovo, lo rendono un titolo incredibilmente valido e per certi aspetti unico.


Dopo 93 ore e aver completato la storia principale e, credo, la quasi totalità dei boss inclusi quelli opzionali, penso di poter dare un'opinione sull'ultimo titolo FROM: è un capolavoro.

Elden Ring riprende tutto ciò che FROM ha prodotto negli ultimi 13 anni e lo eleva alla seconda.
C'è un ammontare di contenuto incredibile, il che purtroppo porta però come conseguenza il riciclo di diversi contenuti: in particolare nei boss dei mini dungeon.
Va tenuto però in mente che si parla di decine se non un centinaio di bossfights, quindi è purtroppo fisiologica la ripetizione.

Nonostante ciò l'open world rimane sempre interessante da esplorare. Dietro ogni angolo troverete un NPC, un dungeon con ricompense uniche, un segreto o un arma.

Parlando dell'open world va detto che la costruzione della mappa di gioco è la migliore che from abbia mai realizzato. Quantomeno da un punto di vista delle opzioni date al giocatore per la progressione. Ogni area del gioco, o quasi, è affrontabile in qualsiasi ordine si preferisca permettendo quindi di non avere mai due run identiche.

Anche il sistema di combattimento, nonostante riprenda pesantemente lo stile di Dark Souls III, è abbastanza fresco e variegato. Le aggiunte più importanti riguardano il combattimento a cavallo, un nuovo tipo d'attacco in parata, un tasto dedicato al salto e uno all'abbassarsi i quali portano entrambi nuove mosse. Inoltre per la personalizzazione della costruzione del personaggio abbiamo il sistema di ceneri di guerra cambiabili ad ogni "Sito di grazia" (I nuovi falò) e la possibilità di evocare nemici più o meno comuni come aiutanti. Tutto ciò rende Elden Ring un'esperienza abbastanza diversa negli incontri dagli altri titoli from, nonostante ne condivida l'ossatura storica.

I problemi che, al momento (Riconsidererò il voto dopo una seconda/terza run), impediscono a Elden Ring di raggiungere il 5/5 sono:
Una ottimizzazione ballerina, che in determinate aree e combattimenti porta i frame a crollare vertiginosamente. Per fortuna su Xbox Serie S questo fenomeno è molto più raro che su PC e PS pare.
Il già citato riciclo di contenuto che leva la magia della scoperta a parte del gioco. Però ho come l'idea che il gioco non sia pensato per essere completato al 100% ad ogni run e il saltare i dungeon opzionali più ripetitivi può alleviare il problema.
Inoltre per certi versi Elden Ring riprende troppe idee da Dark Souls e pare più ancorato a quell'universo che ad uno completamente originale come Sekiro e Bloodborne.

È importante sottolineare come la mia prima run su Elden Ring sia stata completata senza evocare giocatori esterni e utilizzando al minimo magie e spiriti cenerei, ossia come ho giocato ogni gioco from nella prima partita.
Magari usando gli spiriti più frequentemente avrei avuto un'esperienza più rapida e differente in alcuni frangenti.

Al netto di questi problemi Elden Ring è un gioco assolutamente da provare per gli amanti del genere. Non brilla per originalità, forse, ma migliora e rifinisce sotto molti aspetti le idee presentate nei precedenti titoli della saga aggiungendo quel tanto che basta per non farlo sembrare una copia spiccicata.

Interessante modo di raccontare una (in realtà molteplici) storie, in cui la scelta del percorso da seguire è totalmente in mano allo spirito investigativo del giocatore. Il gameplay loop è semplicissimo: cerca un termine nel motore di ricerca, ottieni i video che hanno quel termine nel dialogo dei protagonisti, vedi il video e ripeti da capo.

Peccato per la mancanza di un sacco di feature che avrebbero reso più godibile l'esperienza:
Un pulsante per far partire il video dall'inizio invece che dal punto in cui dicono la parola cercata. Un modo per visionare entrambi i lati di una conversazione in contemporanea una volta che vengono scoperti entrambi).

Al netto di ciò la trama funziona, proprio in virtù del fatto che venga scoperta dal giocatore in maniera autonoma. Allo stesso tempo ho il sospetto che chi non riesca a scoprire il "finale" entro il tempo limite rimarrà deluso da una storia che sembra non andare da nessuna parte.

It Takes Two riesce a prendere l’idea alla base del precedente gioco Hazelight, a Way Out, e migliorarla sotto ogni punto di vista. Se a Way Out era poco più che un esperimento ben riuscito, riportando per la prima volta in anni la coop a schermo condiviso al centro del discorso, It Takes Two è un successo conclamato dalla critica e dai fan. E a buon motivo.

Stavolta la storia seguirà le avventure di una coppia in crisi matrimoniale che, trasformatasi in bambole, deve affrontare un pericoloso viaggio per riuscire a tornare nei propri corpi. Ovviamente riflettendo sulla propria relazione agli sgoccioli nel mentre.

Questa ambientazione fantasy aiuta incredibilmente gli sviluppatori nel compito di trovare idee per il level design delle aree, che sono estremamente diverse sia da un punto di vista estetico-tematico che di meccaniche introdotte. In ognuno delle sette macro-aree di cui è composta la campagna verrà infatti introdotto un nuovo potere per personaggio, solitamente perso alla fine dell’area, con cui i protagonisti dovranno farsi strada in una sfilza di puzzle, combattimenti e sezioni platform.

Vale la pena sottolineare come i poteri siano quasi sempre differenti per i due protagonisti. Questo porta a dover effettivamente collaborare e cercare di comprendere sia il proprio potere che quello del proprio compagno per capire come possano interagire di volta in volta. Un ottimo esempio di come il gameplay, basato sulla cooperazione tra le abilità dei protagonisti e il dialoghi, influenzi e rafforzi i temi della storia, basata sulla riconciliazione dei rapporti e il venirsi incontro.

Il level design non brilla solo per la varietà e la complessità delle situazioni da affrontare e risolvere, insieme, ma anche per la cura con cui tutto è stato progettato. Ogni area trasuda carisma ed è riempita di cose con cui interagire e minigiochi da scoprire e con cui sfidarsi.
Una lista più che incompleta che ne dia un’idea: In un livello è possibile suonare un pianoforte funzionante saltandoci sopra, in un altro giocare a scacchi, in un altro ancora visitare un mercatino natalizio e mangiare pancake e dolciumi mentre si gira in slitta. Sono tutte cose che non “dovevano” essere nel gioco. Non lo rendono più lungo, complesso e non rinforzano in alcun modo il tema della storia. Ma sono ciò che lo rendono bello e pieno di fascino.

It Takes Two è uno dei modi migliori per iniziare questa nuova generazione di console e fa ben sperare per il futuro dei giochi cooperativi, così sfortunatamente ignorati nell’epoca della competizione online.
L’unico consiglio che mi sento di dare è di giocarlo di persona, magari con il proprio partner o un caro amico. Questa è un’esperienza di coppia e, provarla con uno sconosciuto online, con cui magari non si vuole/riesce a comunicare, né snaturerebbe il senso e la bellezza.



Unpacking è un puzzle-game rilassante e con un incredibile cura nello storytelling ambientale.
Dimostra come sia possibile raccontare una storia, anche semplice, in maniera originale sfruttando l'interattività dei videogiochi.

Tutto il gameplay si basa sul tirare fuori oggetti dagli scatoloni e metterli a posto nelle stanze, come preferiremo. Questo verrà fatto per ogni trasloco effettuato dalla protagonista in un arco di circa 20 anni.
Attraverso gli oggetti riusciremo, senza mai bisogno di una linea di dialogo, a comprendere la personalità della protagonista: i suoi traguardi personali, le sue passioni, le sue storie sentimentali ecc.
Dal punto di vista dello storytelling Unpacking è un vero gioiellino che consiglio caldamente.

I problemi vengono dal lato del gameplay, che non ha avuto la stessa cura.
Punto primo l'art-style in pixel art, per quanto grazioso, rende a tratti difficile identificare gli oggetti che si devono posizionare. Il che comporta il non capire perché un oggetto non possa andare in un determinato punto. E la soluzione era alquanto facile: Mettere in sovrimpressione, quando si seleziona un oggetto, un nome che lo identificasse. Una scelta simile avrebbe potuto, volendo, anche ampliare le possibilità narrative descrivendo meglio determinati oggetti.

Inoltre l'utilizzo di un controller rende il posizionarli estremamente tedioso. C'è una modalità che permette di proseguire al livello successivo anche senza dover trovare il posto giusto ad ogni oggetto, ma reputo questa scelta un evitare il problema piuttosto che affrontarlo.

Inoltre il gameplay, di per se, è estremamente ripetitivo e, il fatto che ad esempio vada messo a posto ogni libro singolarmente e non si possa creare uno stack, allunga un po' il brodo.

Nel complesso è un esperienza rilassante e di breve durata che però poteva godere di qualche miglioria nel gameplay, specie su console


Estremamente breve walking-sim riguardante le macabre storie di tre generazioni di "Finch", una famiglia apparentemente maledetta che vive in una casa-frankenstein in continua evoluzione.

Le storie sono per lo più ben costruite, trasportando il giocatore nei panni del famigliare a cui si riferiscono e permettendo, spesso, un cambio di prospettiva e di "gameplay". Uso il virgolettato perché il gameplay si compone comunque sempre dell'interagire con quei pochi elementi a schermo e a muoversi con gli analogici.

Ma, ovviamente, se si gioca un walking-sim non è per un gameplay accattivante, ma per la trama. E questa è ben scritta. I personaggi hanno tutti, chi più chi meno, la propria dose di carisma e caratterizzazione dovute ai racconti di altri personaggi o al semplice arredamento delle loro stanze.

Peccato che il gioco, anche su console di ultima generazione, presenti eccessivi cali di frames molto frequenti. In un gioco simile la pulizia di pecche simili che rovinano l'esperienza è fondamentale.

Inoltre, il gioco inizia senza nemmeno specificare i comandi di gioco e le opzioni d'accessibilità sono inesistenti.

C'è molto da dire sul ritorno di Master Chief dopo un'assenza durata sei anni.

I problemi relativi ad Infinite nascono, forse, proprio da questo sviluppo lungo e travagliato.
Come prima cosa la trama del gioco funge sia come chiusura della presente trilogia che come inizio della (probabile) prossima. E questo porta ad una scrittura insoddisfacente soprattutto per chi si approccia per la prima volta alla saga.

Ed è un male visto che questo non è "Halo 6: Infinite", ma rappresenta una sorta di nuovo inizio per la saga coincidendo pure con il rilascio di una nuova generazione di console Xbox che, per molti utenti, potrebbe essere la prima.

Quindi capire cosa è successo a Cortana può essere sì un momento toccante o interessante per i fan di vecchia data, ma non per i neofiti attratti dal nuovo titolo a se stante e f2p per quanto riguarda il multi.

Fortunatamente per quanto riguarda il gameplay, almeno, Infinite è un FPS più che solido. Il rampino, in special modo, apre un mondo di possibilità durante sia il combattimento che l'esplorazione dei livelli: ossia i due pilastri del gioco.
Il rapino si può usare per schivare i colpi nemici, per attaccarli chiudendo le distanza, per recuperare armi o abbordare veicoli nemici senza rischiare di farsi investire. E se a questo aggiungiamo il resto dei power up disponibili più in la nel gioco le possibilità sono infinite.

Peccato che la stessa cura non sia stata riservata all'open world che al momento è una feature piuttosto sterile se non un vero e proprio detrimento all'intero gioco. Il mondo è incredibilmente vuoto e noioso da traversare. Certo sono presenti collezionabili indicati sulla mappa, ma una volta arrivati nel luogo X non c'è nient'altro il più delle volte.
A questo punto sarebbe stato meglio un gioco normale a missioni, magari mantenendo le grandi basi nemiche opzionali come missioni secondarie selezionabili da una mappa apposita. E questo avrebbe potuto pure portare alla creazione di missioni più interessanti: Visto che ogni luogo di interesse è già sulla mappa, senza caricamenti, una volta sbloccato potremo portare uno scorpion in letteralmente ogni accampamento nemico per trivializzarlo.

Invece, obbligando il giocatore a partire da un punto ben definito si sarebbe potuto giocare molto di più sulle limitazioni affidate a chief per ogni side quest.
E se questa base nemica fosse pensata per un azione stealth con cecchini? Basterebbe dare come equip a chief un cecchino e far ricominciare il livello (adesso auto-contenuto) nel caso il giocatore si faccia scoprire.
O missioni in cui bisogna eliminare tutti i nemici in un tempo limite prima che uccidano i marine. O decine di altre ipotesi.
Per come è pensato ora invece le basi nemiche si assomigliano tutte un po' troppo e lasciano al giocare il compito di facilitarsi o complicarsi la vita e cercare il divertimento.

Altre gravi mancanze sono la modalità coop e la forgia (che però dovrebbe essere stata già annunciata).

Al netto di ogni problema, Halo Infinite presenta una campagna ben strutturata, seppur con una curva di difficoltà ad eroico non propriamente bilanciata, piena di contenuti secondari da gestire come si preferisce permettendo quindi di avere il pacing che si vuole.
Almeno fino alle ultime missioni, dove il controllo sulle secondarie sarà preso al giocatore che sarà costretto in una serie di livelli gauntlet senza sosta fino ai crediti.

Un bel gioco che potrebbe essere migliorato benissimo in un eventuale sequel e consigliato specialmente agli amanti della saga, degli FPS o i semplici possessori gamepass (su cui il gioco è presente)


Non sono un'amante di questi walking-sim, solitamente.
E infatti la stella e mezzo mancante è proprio derivata da questo mio "limite" personale. Passi il gameplay relativamente monotono (che comunque non annoia, anche grazie alla breve durata del titolo e al fascino delle conversazioni opzionali con D) ma finendolo mi è rimasto un retrogusto amaro.
E non per la trama, quanto per la consapevolezza che con un po' più di libertà di scelta sarebbe potuto essere un gioco decisamente migliore di quello attuale.

Tutto ciò che faremo non avrà conseguenze sul finale, unico (più o meno), del gioco. Certo potremo sviluppare più o meno il rapporto con Delilah ma alla fine sarà stata soltanto un'estate senza conseguenze sulle vite dei protagonisti. E lo stesso dicasi sui percorsi che si possono seguire all'interno della mappa di gioco i quali non lasciano quasi mai alternative al giocatore.

Firewatch rimane una piacevole esperienza di qualche ora sopratutto grazie ai dialoghi ben scritti e recitati dai due protagonisti. Ma non lo inserirei nei giochi che VANNO giocati per apprezzare/comprendere questo mondo.

Idea interessante ed è bello stringere legami con i vari personaggi scoprendo le loro storie e il mondo di gioco.
Allo stesso tempo il gameplay è ESTREMAMENTE ripetitivo e, nonostante ci siano parecchi motivi per affrontare più run, la pesantezza del main loop di gioco si fa sentire.
Il che è un peccato perché va poi a tenere nascoste molte sotto-trame.